domenica 2 agosto 2020
ichele e Daniela più forti dei terribili incidenti avuti da ragazzi: lui perse un braccio, lei le gambe Sposati da 13 anni, con due bimbe, hanno appena tentato un record particolare...
Il deejay bionico nel Guinness
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Sì, vero, Michele Specchiale ha il braccio sinistro quasi bionico. Ma soprattutto dev’esserlo la sua volontà. E anche quella di sua moglie Daniela Tagliente. Lei a 17 anni viene schiacciata su un muro da un’auto pirata, a tutta velocità, e gambe entrambe tranciate, a lui diciottenne il trattore che stava guidando strappa via il braccio per intero. Tragedia, inevitabile dolore, depressione. Ma non durano a lungo.

Loro due non si conoscono ancora, ma hanno deciso di non arrendersi, s’incontreranno qualche anno dopo nei corridoi del centro protesi che frequentano, subito un caffè, lui con lei ci prova, s’innamorano, adesso hanno 44 e 38 anni, sono sposati da tredici e hanno due piccolette, Martina e Giulia, 4 e 10 anni, che quando il padre suona in consolle, non c’è verso di non farle ballare.

A proposito. Michele è l’unico deejay al mondo con un braccio solo (nome d’arte ' DjMikyBionic'), anzi con uno suo e l’altro che è una protesi. Non una qualunque, ma quasi avveniristica: avambraccio, braccio e mano vengono 'comandati' dai suoi stessi impulsi nervosi e nemmeno gli è costata nulla, tutto pagato dall’Inail.


Pochi giorni fa nel Salernitano la singolare corsa contro il tempo. Cronometristi, amici e parenti con il fiato sospeso per un’impresa singolare, ma che testimonia la rinascita di chi non vuole arrendersi alle traversie della vita


«Ho sempre amato la musica, non potevo smettere solo per aver perso un braccio », dice. «Stringo i pugni e stringo i denti, anche solo per arrivare ad allacciarmi le scarpe da solo, fu la prima cosa che feci dopo l’incidente». Lei annuisce: «Quel che conta è cadere e rialzarsi sempre, non arrendersi mai, la vita è bella».

Michele è siciliano, Daniela campana. Vivono a Padula, cittadina con una gran bella Certosa, provincia di Salerno, ma più vicina a Potenza. Quando si misero insieme, lui la raggiunse. «Sfido chiunque a conoscerci – dice oggi –, a conoscere questa famiglia un po’ 'strana', ma piena di amore». A quindici chilometri da Padula c’è un’altra cittadina, Polla, ed è qui che ha provato a entrare nel Guinness world records: «Così spero di riuscire ad aiutare chi è nelle nostre condizioni, di essere d’esempio».

Michele e Daniela sul divano nel salone della loro casa a Padula (Salerno)

Michele e Daniela sul divano nel salone della loro casa a Padula (Salerno) - Pino Ciociola

Anche se in realtà Daniela e Michele un esempio già lo sono e, soprattutto, già aiutano ragazzi e ragazze che hanno perso gli arti. Torniamo alle scarpe. Proverà ad allacciarne una, solo con la mano destra, senza superare i sessanta secondi, mai nessuno c’è riuscito. Tutto è rigorosamente ufficiale e secondo condizioni poste dal Guinness: scarpa reperibile in commercio, cinque occhielli sulla sinistra, altrettanti sulla destra e loro larghezza prestabilita, laccio che non superi i novantuno centimetri, testimoni, cronometristi, foto e ripresa video senza stacchi. Michele non mostra troppa ansia, non supera in genere i cinquanta secondi.

Tant’è che prova tre volte prima del tentativo ufficiale, due s’allaccia la scarpa in quarantotto secondi e una in quarantanove, nessun problema, il braccio bionico disteso sull’altra gamba. Con il calibro verificano le misure degli occhielli, con un metro quella del laccio, ripetono che deve partire con la mano aperta e poggiata a terra. Si può iniziare: i due cronometristi scandiscono insieme «tre, due, uno, via!». Inizia sparato, testa bassa, concentrato.

Un centinaio di persone fa il tifo, qualcuna in carrozzella, lo incitano, battono le mani. Daniela e le piccole guardano, in silenzio, poco in là. Venti, trenta secondi, il laccio è ormai quasi dentro gli occhielli. Ma ora quasi s’attorciglia, gli sfugge, la gente trattiene il respiro, Michele riprende, va, quando il nodo è pronto urla, sempre come regolamento vuole, «Stop!». Difficile intuire se ce l’ha fatta. S’avvicinano i cronometristi, controllano prima che la scarpa sia correttamente allacciata, poi al microfono danno il tempo ufficiale: «Cinquantotto secondi e settanta». Un istante dopo si sente il suo urlo: «Ce l’ho fatta!». Due istanti dopo: «Però ci ho messo troppo». Abbracci, applausi. Michele è nel Guinness. Ma in realtà per tutti, in qualche modo, c’era già. Con la sua famiglia.

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