venerdì 24 aprile 2020
Salutare le maestre e visitare la nuova scuola: tutte “cerimonie” che quest’anno non si potranno fare. «Eppure un modo lo si dovrà trovare», dice il pedagogista dell'Università Cattolica Triani
Una bimba del servizio “0-6 Valsecchi” dell’Opera Sant’Alessandro di Bergamo. La fotografia fa parte di un progetto realizzato dalla scuola paritaria, che ha sollecitato gli alunni a raccontare per immagini l’emergenza coronavirus. Ne è uscito un mosaico di voci e colori all’insegna del “coraggio” e della “speranza”

Una bimba del servizio “0-6 Valsecchi” dell’Opera Sant’Alessandro di Bergamo. La fotografia fa parte di un progetto realizzato dalla scuola paritaria, che ha sollecitato gli alunni a raccontare per immagini l’emergenza coronavirus. Ne è uscito un mosaico di voci e colori all’insegna del “coraggio” e della “speranza” - Opera Sant'Alessandro

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Tra le “cose perdute” nell’emergenza coronavirus, anche tanti piccoli, ma fondamentali riti di passaggio che contraddistinguono la crescita di bambini, adolescenti e giovani. In queste settimane, l’attenzione è tutta puntata sulla Maturità, con i candidati che, a ragione, chiedono un «esame vero», che rappresenti, come per le generazioni passate e quelle che verranno, l’ingresso nell’età adulta. Ma i bambini? Anche loro hanno bisogno di segnare il cammino fatto e traguardare i nuovi orizzonti, attraverso la celebrazione di questi momenti di passaggio.

A ciò servono, per esempio, le visite alla scuola primaria dei bambini dell’ultimo anno della materna, che, con qualche mese di anticipo, prendono contatto con la “nuova scuola” e conoscono le insegnanti. E lo stesso vale per il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria e da questa alla secondaria di primo grado. C’è bisogno di celebrare questi momenti di passaggio, di enfatizzarne la portata, proprio per prepararsi meglio a compiere il tratto di strada successivo. Al tempo del Covid-19, però, tutto è più complicato, “sterilizzato” dalla necessità di garantire il distanziamento sociale. E, soprattutto, dal fatto che le scuole sono chiuse.

«Eppure si dovrà trovare i modi e le forme più indicate per sottolineare questi momenti anche nell’era della pandemia globale», sottolinea Pierpaolo Triani, professore di Pedagogia generale all’Università Cattolica. Padre di un’alunna di quinta primaria e di una studentessa dell’ultimo anno delle superiori, il docente è dunque pienamente coinvolto nell’attesa di ciò che sarà tra cinquanta giorni.

«Momenti da celebrare comunque»

«Il fatto di non potersi incontrare, di non poter celebrare tutti insieme questi passaggi è un’esperienza che questa generazione si porterà dietro – riprende l’esperto –. Per questo diventa ancora più importante trovare le forme più adatte, compatibilmente con le misure di protezione, per enfatizzare comunque questi momenti. Soprattutto per i bambini più piccoli, l’insegnante dovrà studiare un saluto personalizzato, su misura per ciascun alunno. Perché è importante che ogni bambino si senta salutato dagli insegnanti, ma è altrettanto importante che ciascun alunno possa a sua volta salutare. Penso che questo intreccio di saluti vada ben curato anche attraverso le forme online».

Anche per i ragazzi più grandicelli, gli adolescenti di terza media, questi momenti «non vanno fatti cadere». Soprattutto per loro, che quasi certamente saranno privati del rito collettivo dell’esame per il passaggio alla scuola superiore, sostituito dal giudizio del consiglio di classe, l’accompagnamento degli adulti dovrà essere ancora più attento e studiato.

«Il momento del saluto finale è importante anche per i professori», sottolinea Triani. Che guarda, con l’interesse dello studioso e l’affetto del padre, anche al travaglio che stanno vivendo i candidati alla Maturità 2020. I ragazzi ancora non sanno, con certezza, come sarà organizzato l’esame. Se sarà anche scritto o soltanto orale.

Se si svolgerà a scuola oppure online ciascuno a casa propria. In ogni caso, «la notte prima degli esami ci sarà anche per loro», assicura il pedagogista. «Perché anche a questa età il “rito” ha la sua importanza – ribadisce –. Anche se questi ragazzi la maturità la stanno già vivendo. Costretti a cambiare vita, a ripensare il modo stesso di “fare” scuola che, ormai lo sappiamo per esperienza, non equivale a “stare” a scuola, la loro maturità la stanno già facendo. Come tutti gli italiani, del resto. Pur nella tragicità del momento, o forse proprio per questo, anche per i candidati di quest’anno la Maturità sarà comunque un esame indimenticabile.

Mancherà forse il “rito sociale” legato allo svolgimento delle prove a scuola, ma non la “narrazione sociale”. Che, a ben vedere, quest’anno è cominciata con due mesi di anticipo, dato che se ne parla praticamente da quando le scuole sono state chiuse. Perciò anche a loro va un grande “In bocca al lupo”, con la certezza che si dimostreranno all’altezza della situazione. Anzi, lo stanno già facendo».

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