martedì 20 ottobre 2009
Depositate le motivazioni della sentenza con cui la Cosulta spiega la bocciatura del testo di legge sull'immunità per le 4 più alte cariche dello Stato: «Il premier non è al di sopra dei ministri».
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«Il Lodo Alfano attribuisce ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status protettivo che non è desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e che, pertanto, è privo di copertura costituzionale». E' questo uno dei passaggi più significativi delle motivazioni della sentenza, depositate in serata, con la quale la Corte Costituzionale il 7 ottobre scorso ha bocciato il Lodo Alfano.La sospensione processuale prevista dal Lodo Alfano «é diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, crea un' evidente disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistono, pertanto, i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con consentente inidoneità della legge ordinaria a disciplinare la materia». Lo spiega la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza che ha dichiarato illegittimo il Lodo Alfano. La sospensione dei processi nei confronti delle quattro alte cariche dello Stato, prevista dal Lodo Alfano, determina la violazione del principio di uguaglianza per una violazione di trattamento di fronte alla giurisdizione" scrive ancora la Corte Costituzionale nel motivare la bocciatura dello "scudo".La deroga, infatti - evidenzia la Consulta - si risolve in una evidente disparità di trattamento "rispetto a tutti gli altri cittadini che, pure, svolgono attività che la Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzioni pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora pi generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale o spirituale della società (art. 4, secondo comma, della Costituzione)"«Non è configurabile una preminenza» del presidente del Consiglio rispetto ai ministri «perché egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l' unità, promuovendo e coordinando l' attività dei ministri, e ricopre perciò una posizione tradizionalmente definità di primus inter pares». «Anche la disciplina costituzionale dei reati ministeriali - aggiunge la Corte - conferma che il presidente del Consiglio e i ministri sono sullo stesso piano». «Il legislatore ordinario, in tema di prerogative (e cioé di immunità intese in senso ampio), può intervenire solo per attuare, sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato». Lo ribadisce, richiamando proprie precedenti sentenze, la Corte Costituzionale nelle motivazioni di bocciatura del Lodo Alfano per violazione, tra l' altro, dell' art. 138 della Costituzione (revisione costituzionale).«Il legittimo impedimento a comparire ha già rilevanza nel processo penale» e, pertanto non appare necessario il ricorso al lodo Alfano per tutelare la difesa dell'imputato impedito a comparire nel processo per ragioni inerenti all'alta carica da lui ricoperta»: scrive la Corte citando, al riguardo, precedenti sentenze della stessa Consulta, tra cui quella sul caso Previti (n. 451 del 2005). In definitiva, la Consulta ribadisce che anche per le alte cariche la tutela del diritto di difesa è già adeguatamente soddisfatta in via generale dall'ordinamento proprio con l'istituto del legittimo impedimento.«La scelta del legislatore di avere riguardo esclusivamente ad alcune cariche istituzionali e di prevedere l' automatica sospensione del processo, senza alcuna verifica caso per caso dell' impedimento, evidenzia, dunque, che l' unica ratio compatibile con la norma censurata è proprio la protezione delle funzioni connesse all' 'alta carica» ". Così la Consulta spiega perché ha ritenuto di non condividere una delle tesi centrali del Lodo Alfano, quella della sospensione dei processi per evitare alle alte cariche intralci allo svolgimento delle loro «rilevanti funzioni istituzionali».
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