venerdì 29 settembre 2023
È l'effetto combinato delle due misure confermate dalla Nadef. Meloni: rivendico la scelta politica dei fondi ai redditi medio-bassi. Fiammata dello spread a quota 200
Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio

Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio - Ansa

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I 14 miliardi di deficit lasciano dubbi nei mercati, che hanno reagito con una fiammata sino a 200 punti dello spread sui titoli di Stato, per poi rientrare a 193 a fine seduta. Movimenti che Palazzo Chigi e Mef osservano con particolare attenzione, ma che al momento non vengono considerati preoccupanti. Anche se il rendimento dei titoli decennali italiano si è assestato nel pomeriggio al 4,85%, dopo essersi avvicinato più volte alla soglia del 5 per cento.

Turbolenze che inducono a rendere il più prudente possibile il sentiero della manovra e a creare dei cuscinetti preventivi rispetto alle prevedibili tensioni politiche. Il cuscinetto più importante resta però la distensione con Bruxelles. Dalla Commissione sembrano arrivare segnali concilianti. Da un lato si ricorda che una valutazione sulle stime della Nadef approvata mercoledì in Cdm verrà fatta il 21 novembre con il parere ufficiale sul Documento programmatico di bilancio (Dpb), che l'Italia dovrà presentare entro il 15 ottobre a Bruxelles. Dall’altro si sottolinea che per la manovra 2024 non è stata data un’indicazione sul deficit nominale, e quindi l’Italia non ha creato particolari sorprese nel fissare l’asticella al 4,3%. Una certa benevolenza potrebbe essere legata alla soluzione positiva dei vari dossier che Roma ha aperti con Bruxelles: dai migranti al Mes, dalla riforma del Patto di stabilità al Pnrr.

Certo a quei 14 miliardi Roma non può rinunciare. Sono praticamente la dote che deve finanziare le misure più impattanti: il taglio del cuneo fiscale e la nuova Irpef a tre aliquote. Un beneficio in “busta-paga” che la Nadef stima fino a 120 euro in più al mese per i redditi medio-bassi. Un indirizzo che la stessa premier Giorgia Meloni rivendica come una sua «scelta politica».

Ancora in definizione le misure per la famiglia, altro asse della manovra. Sono allo studio diverse ipotesi, dal rafforzamento dell'assegno unico fino all'ipotesi di un azzeramento dell'Irpef per i nuclei numerosi. In ogni caso si tratterà di «misure concrete più strutturali», annuncia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, sottolineando che «la denominazione del ministero di cui è titolare Roccella non è un’etichetta ma un impegno per tutto il governo». Nella prima manovra dell’esecutivo Meloni l’assegno unico è stato aumentato per il primo figlio e poi dal terzo figlio in poi fino a tre anni e successivamente anche in modo forfettario e strutturale per le famiglie numerose. «Altrettanto faremo in questa nuova finanziaria», annuncia la ministra Roccella. La natalità sarà peraltro al centro di uno dei 31 disegni di legge collegati alla manovra, stando alla Nadef (è previsto uno pure sull’intelligenza artificiale).

Quanto al combinato disposto cuneo-Irpef sui redditi medio bassi, l’intervento prevede la conferma per il 2024 del taglio del cuneo in vigore da luglio (7 punti in meno per i redditi fino a 25mila euro e 6 per quelli fino a 35mila). La “manovrina” Irpef partirà dai redditi più bassi, accorpando i primi due scaglioni (quello fino a 15mila euro con aliquota al 23% e quello tra 15 e 28mila con aliquota al 25%) con un'unica aliquota al 23%. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, stima «un vantaggio mensile di circa 120 euro». Secondo la Fondazione dei commercialisti l'effetto migliorativo sulla busta paga mensile varierebbe dai 67 euro per i redditi di 15 mila euro a 120 euro per i redditi di 35 mila, per poi ridursi a 22 euro mensili per chi sta sopra i 35 mila euro, che non beneficia del taglio del cuneo.

Ma per quanti sforzi Meloni compia per spingere la maggioranza a concentrare le risorse, il vicepremier Matteo Salvini continua a battere cassa per il Ponte sullo Stretto. «Nella legge di Bilancio ci sarà uno stanziamento» per l’opera, assicura di nuovo il capo della Lega. Ma su una manovra che si assesterebbe sui 20 miliardi, di cui 14 in deficit e 6 provenienti da spending review (2 miliardi), extraprofitti bancari (intorno agli 1,5) e altre entrate ancora da definire, anche stanziamenti simbolici potrebbero rappresentare un problema. Così come rappresenterà un problema l’ipotesi che i gruppi parlamentari non godano del tradizionale “tesoretto” da spendere durante l’iter parlamentare.

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