giovedì 28 settembre 2023
Il governo approva la Nadef dal quadro peggiorato: il Pil 2023 cala allo 0,8%, ma il deficit programmatico '24 è portato al 4,3% per liberare fondi. Giorgetti se la prende con il Superbonus
Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti

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Il governo si aggrappa al deficit per finanziare almeno le principali tra le misure promesse in manovra, dalla conferma degli sgravi contributivi agli interventi a favore delle famiglie con figli. Con l’economia in frenata che ha spazzato via i presunti tesoretti, la Nota di aggiornamento al Def varata ieri dal Consiglio dei ministri fa salire dal 3,7% al 4,3% il disavanzo programmatico nel 2024, mentre il Pil è rivisto al ribasso all’1,2% dall’1,5% indicato nel Def di aprile.

La crescita è sotto le attese già quest’anno con un +0,8% invece dell’1% stimato qualche mese fa. In netto rialzo anche il deficit 2023, che passa al 5,3% dal 4,5 previsto. Ma in questo caso l’aumento è dovuto alla contabilizzazione dei crediti fiscali del superbonus. Mentre per l’anno prossimo è l’esigenza di fare cassa per sostenere una legge di bilancio altrimenti magrissima a spingere il governo sulla strada di un maggiore disavanzo. Con un deficit tendenziale indicato al 3,6% il governo aumenta quindi il “rosso” di bilancio di 0,7 punti di PIl, che corrispondono a circa 14 miliardi. Risorse che, ha spiegato Giorgetti in conferenza stampa serviranno per confermare gli «interventi indispensabili» per la proroga del taglio del cuneo fiscale e per il sostegno della natalità la natalità, oltre a stanziamenti significativi per il rinnovo dei contratti pubblici e della sanità. «Riteniamo di aver fatto le cose giuste», con «un’impostazione di bilancio seria e di buon senso e di essere nella cornice delle regole europee. Non rispettiamo il 3% (sul deficit, ndr) ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche procicliche che alimentano la recessione. A Bruxelles comprenderanno la situazione», ha assicurato il ministro dell’Economia. Quanto al debito pubblico è «sostanzialmente stabilizzato perché da un 140,2% del 2023 dovremmo arrivare nel 2026 al 139,6», ha aggiunto il ministro. In sostanza il debito resterà praticamente invariato nei prossimi anni (nel 2024 è previsto a quota 140,1%), invece di calare di quasi un punto l’anno come puntava a fare il def di aprile: secondo Giorgetti, una conseguenza dei debiti del superbonus. Obiettivi più ambizioni, invece, per la spending review: l’obiettivo del Mef è una riduzione della spesa di 2 miliardi il prossimo anno, a fronte dei 300 milioni previsti finora: «Il lavoro che non hanno fatto i singoli ministri lo farà il ministro dell'Economia».

«Stiamo lavorando per scrivere una manovra economica all’insegna della serietà e del buon senso - ha scritto su Facebook la premier Giorgia Meloni a Cdm ancora in corso -. E che mantenga gli impegni che abbiamo preso con gli italiani: basta con gli sprechi del passato, tutte le risorse disponibili destinate a sostenere i redditi più bassi, tagliare le tasse e aiutare le famiglie». La premier ha affermato che «i margini sono ristretti ma dobbiamo dimostrare di essere una Nazione credibile e solida. Il nostro scopo non è il consenso, ma raggiungere risultati concreti».

Su Nadef e manovra il governo dovrà ora confrontarsi con le insidie della trattativa con Bruxelles, dove il 4,3% di deficit previsto è molto lontano da quel 3% che resta una soglia di riferimento in sede Ue anche se sui nuovi parametri del Patto di stabilità la trattativa è in corso. Ma dovrà guardarsi anche dalla larvata minaccia dei mercati finanziari che già in questi giorni sono tornati a mettere sotto pressione i titoli di Stato italiani con un aumento dello spread. Per quanto riguarda la legge di bilancio Giorgetti ha confermato che oltre alla conferma del taglio contributivo sarà avviata anche la delega fiscale, che prevede una riduzione delle aliquote Irpef, «partendo dai redditi più bassi, dallo scaglione più basso». Il capo del Mef mentre conferma la privatizzazione di Mps frena sui condoni che «il governo non ha adottato e che probabilmente non ha neanche intenzione di adottare». Tema su cui continua invece a insistere il vicepremier e numero uno della Lega Matteo Salvini. Un elemento di tensione nella maggioranza dove a dividere ci sono anche i finanziamenti per il Ponte sullo stretto. Salvini vuole partire già con questa manovra per «aprire i cantieri, dopo 52 anni di parole, nell’estate del 2024». Ma il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, frena: «Dubito che il prossimo anno saremo già agli appalti». Cautela anche da Antonio Tajani (F). Alla fine, Giorgetti sentenzia: in manovra «ci sarà un primo stanziamento connesso all’effettivo allestimento dei cantieri».

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