martedì 30 marzo 2021
Al migliore amico dell’uomo servirà annusare il sudore per svelare malati e asintomatici. Positivi i test in alcuni aeroporti esteri
Il commissario Rex al lavoro al Campus Biomedico di Roma per scovare i contagiati da Coronavirus

Il commissario Rex al lavoro al Campus Biomedico di Roma per scovare i contagiati da Coronavirus - Ansa

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Se dovremo fare il tampone lo deciderà il commissario Rex. Abituiamoci all’idea: quando in aeroporto verremo "annusati" da un pastore tedesco non dovremo trasalire per via di quello spinello fumato vent’anni prima. L’olfatto del cane non serve solo a smascherare i corrieri del narcotraffico, ma anche a individuare chi è malato: Massimo Ciccozzi e Silvia Angeletti dell’Università Campus Biomedico di Roma e un team della società cinofila Ngs di Luigi Cola, stanno lavorando per introdurre in Italia il test canino.

Al di là di ogni possibile suggestione cinematografica, l’ipotesi è scientificamente serissima: l’utilizzo dello strumento olfattivo del cane è già utilizzato nel settore della Safety&Security e le unità cinofile sono impiegate dalle forze di polizia e dalle forze armate per attività antidroga, antiesplosivo o di ricerca banconote, tabacchi o materiale elettronico.

Meno noto, ma già collaudato è l’uso del cane nella ricerca di cimici e parassiti infestanti. Lessie lavora già nel settore bio e medical detection, al punto che esiste una branca codificata come Medical detection dogs (o Bio detection dogs) in cui il cane utilizza l’olfatto per individuare pazienti e patogeni e scongiurare problemi sanitari.

Con quali risultati? La scienza ha dimostrato che l’olfatto canino permette di rilevare il cancro al seno o ai polmoni, con una percentuale di segnalazione esatta tra 88 e 99%, la malaria per l’81,8% e, soprattutto, le infezioni virali o batteriche con un rilevamento esatto tra 77 e 92.6%, laddove, si badi bene, l’Organizzazione mondiale della sanità, per dichiarare affidabili i classici test diagnostici rapidi, fissa il limite minimo al 75% per il rilevamento del batterio Clostridium.

Di fronte a questi numeri, era inevitabile che a qualcuno venisse in mente di schierare il migliore amico dell’uomo contro il coronavirus.

Secondo Anna Hielm-Bjorkman, ricercatrice dell’università di Helsinki, il cane può fiutare il virus in una persona che è asintomatica o prima che compaiano i sintomi. «Sappiamo come i cani rilevano la presenza del virus, cioè dall’odore. Ma non abbiamo ancora idea di cosa esattamente rilevino – ha detto la scienziata –. Se lo scopriamo possiamo addestrare migliaia di cani in tutto il mondo».

In Francia, alcuni ricercatori hanno trovato prove «molto elevate» che l’odore del sudore di una persona infetta era diverso da quello di una persona sana e che i cani potevano percepire questa diversità. «Teatro dei primi impieghi di Covid-19 detection dogs, sono gli aeroporti di Emirati Arabi Uniti, Libano (con il 92% di segnalazioni esatte) e Finlandia.

A supporto di questi primi impieghi operativi, vi sono due studi: il primo a conduzione tedesca, che utilizza cani addestrati e campioni di saliva, partecipato dalle università di Hannover e Amburgo e dal Central institute of medical service delle forze armate della Germania: con una percentuale di rilevamento media del 94%. Il secondo, sviluppato tra Francia e Libano, effettuato da Dominique Grandjean e dai suoi colleghi dell’Ecole nationale vétérinaire d’Alfort, Université Paris Est (tra 83% e il 100%), che utilizza invece «cani addestrati e campioni di sudore», spiega l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, che partecipa allo studio, diretto a «impiegare l’unità cinofila per Covid-19 Detection per uno screening primario, al fine di velocizzare i controlli e utilizzare i classici tamponi rapidi solo nei casi segnalati dal cane come sospetti, ovvero, in forma randomica sui soggetti presenti».

I vantaggi di un simile impiego sono la velocizzazione dei controlli, l’impatto deterrente del dispositivo di sicurezza impiegato, il risparmio economico rispetto ad un massiccio utilizzo di tamponi e una maggiore fluidità nei varchi di accesso anche dei Covid drive in. Per quanto riguarda i tempi, lo screening è paragonabile alle esperienze del rilevamento di materiali esplodenti in uso negli aeroporti o ai varchi di accesso: 10 secondi per ogni campione e 60 per l’operazione complessiva di screening. Il test Pcr in un aeroporto costa circa 4 milioni al mese, annusare dei campioni molto meno.

Nel dettaglio, lo studio in corso dovrà portare all’addestramento di cani per la segnalazione di soggetti positivi al Covid-19, sintomatici e asintomatici, utilizzando prelievi nasofaringei o di sudore. A regime, si intende utilizzare il metodo"Helsinki", «ossia l’individuo esegue autonomamente il prelievo di un campione di sudore dalla propria pelle, mediante una pezzetta o fazzoletto che inserisce in un contenitore apposito. Il cane, con il suo conduttore in un container, annuserà il campione.

Nello stesso tempo la pezzetta/fazzoletto viene valutata attraverso l’utilizzo di sensori sviluppati dall’unità di Elettronica per sistemi sensoriali del Campus Biomedico. Nello specifico – prosegue Ciccozzi – verrà realizzato un set-up di misura dove un campione di tessuto adsorbente verrà immerso in una soluzione target. Le sostanze rilasciate dal tessuto interagiranno con la soluzione dove verrà immerso un sistema a trasduzione elettrochimica per la rilevazione delle variazioni della patologia. Parallelamente, l’individuo farà il tampone nasofaringeo per esecuzione di test molecolare per Sars-CoV-2 nei laboratori del Campus».

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