sabato 24 dicembre 2016
Tra le baracche e una piccola casa davanti ai container provano a crescere Emmanuel, Ibrahim e Alessandro. Che futuro attende il piccolo che Joy porta in grembo?
Rosarno Due figli dei lavoratori dei campi sfruttati da mafia e caporali

Rosarno Due figli dei lavoratori dei campi sfruttati da mafia e caporali

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La speranza di Natale tra i migranti di Rosarno sono i due occhioni neri di Emmanuel, le manine che ti fanno ciao di Alessandro e Ibrahim, il pancione che cresce di Joy. Speranza di vita dove c’è degrado, abbandono, sfruttamento. Storie difficili fin dai primi giorni, ma anche storie di accoglienza e integrazione. Perché anche qui, nei paesi della Piana di Gioia Tauro, questo è possibile, se solo lo si volesse e lo si facesse davvero. Emmanuel è l’unico bambino della tendopoli/ baraccopoli di San Ferdinando. Uno solo, ma è anche troppo in questo luogo di degrado. Di sopravvivenza per gli adulti, per i lavoratori africani che vengono a raccogliere arance e clementine, totalmente inadatto a un piccolo. Ma la speranza resta. Così Joy, la mamma nigeriana di Emmanuel mentre il papà Benjamin è ghanese, entrambi cristiani, è in attesa del secondo figlio. Una pancia che cresce malgrado tutto. Malgrado quest’anno abbandono e degrado siano ancora più forti. Forse perché era prevista un nuova tendopoli che, però, è ferma dopo ritardi e fatti poco chiari che Avvenire ha raccontato in questi mesi.

Cosí nella vecchia tendopoli sono ormai centinaia le baracche, dove in questi giorni si ammassano oltre mille migranti. Tutti regolari, sicuramente sfruttati da caporali e proprietari agircoli. Ma Joy non ha detto no alla vita, lo ha fatto due anni fa con Emmanuel, 'Dio con noi', nato a Natale, e lo sta facendo anche ora, con quel pancione ormai di sette mesi che cresce dentro una baracca di legno e teli di plastica. Le piacerebbe avere un regalo per Natale. Una casetta, anche mezza rotta ma con un tetto vero. Magari una delle tante confiscate alla ’ndrangheta di questa terra. Questa sì che sarebbe una 'finalità sociale', come prevede la legge. Un tetto vero per ospitare al caldo la vita nuova che porta in grembo e quella che ha visto la luce due anni fa. Per ora solo promesse e poi nulla. Per questa famiglia non c’è posto. Così Joy è molto arrabbiata. Sarà ancora una baracca la casa del nuovo bimbo? Giriamo la domanda al sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, eletto il 13 novembre dopo lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa e l’arresto del predecessore. «Sono qui da poco e non conoscevo questa storia – ci risponde –, ma le assicuro che ce ne occuperemo cercando una soluzione». Sarebbe una svolta in un panorama purtroppo molto negativo.

Lo tocchiamo con mano all’uscita dalla baraccopoIi. Di fronte c’è una montagna di rifiuti che nessuno raccoglie e porta via. Si ferma una grande Mercedes nera extralusso. Scende, un calabrese, apre il cofano, tira fuori due sacchetti di plastica pieni di rifiuti e li getta su quel cumulo, risale e si allontana. Tanto qui vivono, si fa per dire, solo i neri. Se Emmanuel e il suo prossimo fratellino cercano casa, Alessandro e Ibrahim invece l’hanno trovata. Piccola, malmessa ma sono muri e tetto, e non teloni di plastica. È proprio di fronte ai container di Rosarno, l’altro sito, oltre alla tendopoli, predisposto dalle istituzioni per ospitare i lavoratori africani dopo la rivolta del 2010. Nella casetta vivono Kuda e Adele, entrambi del Burkina Faso. Lei cristiana, lui musulmano. Nessun problema di convivenza religiosa. Anzi, entrambi frequentano la chiesa di Sant’Antonio, dove è parroco don Roberto Meduri, impegnatissimo nell’accoglienza. La stessa parrocchia che frequentano Joy e Benjamin. Alessandro, 6 anni, nato a Reggio Emilia, frequenta la prima elementare al Bosco di Rosarno, proprio la contrada da dove partì la rivolta dei migranti contro sfruttamento e violenze. «È l’unico bimbo africano in classe – ci racconta Adele –. Piace molto ai compagni e alle altre mamme». E Alessandro conferma in un italiano perfetto. «Sto bene a scuola. Mi piace molto scrivere e i miei compagni sono simpatici ». Sorride e aggiunge, «scusa se parlo male ma mi sono caduti i denti davanti». Intanto Ibrahim, due anni, nato a Rosarno, scorrazza con una specie di triciclo. Va all’asilo nido e anche lui si trova bene, assicura la mamma. È la Calabria che accoglie e integra. Anche a Rosarno. C’è, magari nascosta, ma c’è. E in questo Natale di tensioni e paura è un segno di speranza. Un seme che deve essere aiutato a crescere come Emmanuel, Alessandro, Ibrahim e il piccolo in arrivo.

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