venerdì 14 maggio 2010
Il giorno dopo la scarcerazione, il giovane ha ricostruito quanto è successo la notte di Roma-Inter. «Il pugno in bocca? Cercavo solo di dire che non c'entravo nulla»
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Ha passato la notte, finalmente, di nuovo nel suo letto. Ma ha dormito ben poco: alle 3 e mezzo era già sveglio. Le botte, l’isolamento, la cella: tutto ancora davanti agli occhi. E poi i dolori di quelle violenze gratuite, a dimostrargli che non è stato un incubo. Ora però Stefano Gugliotta guarda avanti. Nello studio del suo avvocato, il 25enne romano, finito suo malgrado nei tafferugli di Roma-Inter, racconta senza livore della sua settimana infernale. Invita a non alzare i toni. Dice che la maggior parte dei poliziotti sono corretti. Racconta della sua famiglia di lavoratori: «Mio padre fa l’autista, mia madre lavora a ore, io faccio il facchino e mio fratello sta imparando a fare il barbiere. Usando me come cavia». E mostra un sorriso da bambino, con quell’incisivo che non c’è più. Chi è ancora a Regina Coeli – ricordano i parlamentari Stefano Pedica dell’Idv e Giovanni Legnini del Pd – sono i due studenti abruzzesi, Emanuele De Gregorio e Stefano Carnesale, che giurano la loro estraneità ai tafferugli.Nello studio dell’avvocato Cesare Piraino, Stefano è con la famiglia. Ma è ancora teso. «Proverò a tornare alla vita di tutti i giorni, lasciandomi alle spalle quanto successo. Ma il carcere è un’esperienza terribile. Non sei nessuno. I primi due giorni ero in isolamento». Pausa. «Tremendo». Poi va al centro clinico. «L’ultimo giorno avevo iniziato uno sciopero della fame. Non ce la facevo più».Poi torna a quella sera: «Dopo la cena a casa, abbiamo raggiunto il locale di via Pinturicchio per festeggiare il compleanno di mio cugino Simone». E lì comincia tutto.«Ero sul motorino quando un agente mi ha intimato l’alt». Non ha il casco. Ha una maglia rossa come uno che tirava sassi. Per il poliziotto basta e avanza: «Io mi sono fermato e lui mi ha dato un pugno in bocca. Non ho reagito, ma con la mano ho cercato di tenerlo a distanza. Poi sono stato aggredito da altri poliziotti. Io urlavo, ma loro continuavano a picchiare. Ricordo i primi tre, poi quasi più nulla, penso di essere stato aggredito da almeno sette o otto. Non mi sono dimenato, dicevo che non c’entravo nulla. Non ho cercato di scappare dalla camionetta: non ricordo di aver scalciato». Prima di salire, la botta più forte: «Una manganellata in testa».Gugliotta ora chiede a tutti di «abbassare i toni». Si dice anche convinto che «la maggior parte degli uomini delle forze dell’ordine siano in buona fede e corretti. Sono pochi i casi di abuso di potere e violenza gratuita. Forse ora – aggiunge – qualche poliziotto avrà il tempo per riflettere». Il suo legale fa sapere che «un alto funzionario della polizia ha presentato le scuse alla madre a nome del Questore e del commissariato Prati». Al Tg1 il capo della polizia Antonio Manganelli dice che se verrà accertato «un eccesso o un abuso sarà sanzionato». L’avvocato Piraino infine corregge quanto dichiarato alla Camera dal ministro Elio Vito: «Stefano non ha carichi pendenti, solo una denuncia da minorenne per il furto di un cellulare a un compagno di scuola. Un processo conclusosi positivamente. C’è poi il ritiro della patente, ma nessun precedente per stupefacenti». Resta l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. «Spero verrà archiviata. Sia nella richiesta del pm che nella relazione di servizio di polizia sugli scontri non c’è traccia di Gugliotta».
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