venerdì 7 maggio 2021
Tre imbarcazioni attaccate a 35 miglia dalla costa davanti a Bengasi. Colpito a un braccio il comandante dell'"Aliseo". È dovuta intervenire la Marina militare italiana
Pescherecci italiani al largo della Libia in una foto d'archivio

Pescherecci italiani al largo della Libia in una foto d'archivio - Ansa

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Le prime notizie frammentarie che sono arrivate a Mazara del Vallo nel primo pomeriggio di ieri, hanno fatto subito pensare al peggio: il motopesca "Aliseo" colpito dagli spari di una motovedetta libica, mentre si trovava a 35 miglia da Bengasi per una battuta di pesca. Sembrava un nuovo incubo per Mazara del Vallo, dove ancora sono vive le ferite dei 108 giorni di sequestro del "Medinea" e "Antartide". Invece, tutto è finito bene nel giro di qualche ora e alle 18 di ieri il motopesca ha invertito la rotta, puntando la prua verso la Sicilia.

Se di sequestro lampo non si può parlare, certamente quello che è successo ieri nel Mediterraneo è l’ulteriore testimonianza di una situazione che il sindaco di Mazara del Vallo ha definito «non più sostenibile, perché i nostri pescatori sono sempre più in pericolo».

Quelle vissute nella marineria di Mazara del Vallo sono state ore di tensione e paura. Tutto iniziato nel primo pomeriggio, quando la fregata "Libeccio" della Marina Militare è intervenuta per assistere tre pescherecci di Mazara del Vallo (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) che si trovavano nelle acque internazionali antistanti alla Tripolitania, all'interno della zona definita dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture, «ad alto rischio». «Per un rapido avvicinamento di una motovedetta della Guardia Costiera libica», chiariranno dalla Marina Militare.

Una motovedetta che, ironia della sorte, pare sia stata consegnata dall’Italia alla Libia nel 2018 proprio a Messina. È solo dopo pochi minuti che si saprà dei colpi d’arma da fuoco contro l’Aliseo, unico peschereccio a essere colpito. «Sono stato avvertito di quanto era successo da mio fratello Giacomo che si trova sull’Anna Madre – racconta Alessandro Giacalone, il giovane armatore del motopesca –. È stato lui a comunicarmi che mio papà era rimasto ferito al braccio e alla testa».

Colpi sparati in aria perché avevano sconfinato nelle loro acque, diranno dalla Guardia Costiera libica. Eppure i 7 marinai che erano a bordo hanno vissuto momenti di paura. Nelle ore concitate di ieri pomeriggio Alessandro Giacalone ha raccontato di militari libici saliti a bordo e il motopesca diretto verso la Libia. Poi la lieta notizia. «L’Aliseo è libero e sta rientrando a Mazara del Vallo, dove arriverà domani sera (stasera per chi legge, ndr – dice quasi in lacrime l’armatore – mio papà è fuori pericolo, a bordo del motopesca ci sono i militari italiani che lo stanno medicando».

La notizia presto si diffonde tra gli armatori, arriva al sindaco Salvatore Quinci e al vescovo Domenico Mogavero che per mesi è stato vicino alla famiglia Giacalone, quando il figlio Giacomo rimase sequestrato in Libia.

«È l’ultimo atto di un copione drammatico che si ripete con scadenze periodiche – dice il vescovo –. Il diritto della nostra marineria di pescare in acque internazionali, arbitrariamente chiuse dai libici, conosce ancora una volta un episodio di pirateria militare che per un soffio non ha avuto esiti gravissimi». Poi l’appello: «Adesso appare chiaro a tutti quanto sia urgente passare a interventi risolutivi a livello politico e diplomatico da parte del Governo italiano e dell’Ue».




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