mercoledì 11 gennaio 2017
Il leader Ukip lo perdona ma gli detta le condizioni: ora referendum sull'euro
Beppe Grillo e  Nigel Farage in una foto postata sul blog di Grillo il  30 maggio 2014.

Beppe Grillo e Nigel Farage in una foto postata sul blog di Grillo il 30 maggio 2014.

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Uscito una manciata di ore fa dalla porta di casa degli euroscettici, Beppe Grillo torna all’ovile rientrando dalla finestra, alla velocità della luce e con la coda tra le gambe. Lo schiaffo subìto dai liberali dell’Alde – che hanno respinto l’ingresso del Movimento 5 Stelle nel loro gruppo – costringe il numero uno dei pentastellati a fare un’incredibile giravolta. Una conversione a U assolutamente impensabile (dopo l’addio a Nigel Farage ufficializzato l’altroieri) e che viene eseguita soltanto per un motivo: non perdere 700mila euro all’anno. Questo, infatti, era il prezzo da pagare per vivere in solitudine all’Europarlamento di Strasburgo. Ma tra il profumo dei soldi e la cautela politica di non effettuare una retromarcia clamorosa si è privilegiato il denaro.

Il finale di questa telenovela europea a Cinque Stelle, dunque, si rivela gattopardiano: mille ribaltoni per poi non cambiare nulla. Dopo il fallimento della trattativa con l’Alde portata avanti da alcuni fedelissimi della Casaleggio Associati, stavolta tocca al garante muoversi in prima persona per tentare di ricucire lo strappo con l’ex leader dell’Ukip. Mentre dalle prime ore del mattino a Bruxelles partono i primi negoziati per 'l’operazione rientro', Grillo fa l’unica cosa che può servire a sbloccare l’impasse: telefona a Farage con l’atteggiamento di chi si dice pentito e implora rinnovata ospitalità nella famiglia degli anti-euro. Il 'perdono' non tarda ad arrivare. Ma ovviamente l’indipendentista britannico 'tradito' presenta il conto all’alleato ribelle. Nella lista delle condizioni dettate ci sono le 'teste' di David Borrelli (l’artefice del negoziato per il passaggio sulla sponda europeista) e del funzionario grillino che ha partecipato alle riunioni con i pro-euro. Altra vittima indiretta delle nuove nozze è Fabio Massimo Castaldo, da due anni e mezzo candidato alla vicepresidenza dell’Europarlamento e ora costretto a rinunciare alla prestigiosa carica. Anche Piernicola Pedicini, candidato del gruppo alla presidenza, non si presenterà alla corsa per il posto che è stato di Schulz.

Il messaggio, insomma, è chiaro: Farage si mostra magnanimo, ma niente poltrone per chi era pronto a cambiare casacca. Per 'l’amico ritrovato' c’è un’unica concessione, quella di salvargli la faccia. «Sono felice di dire che tutte le divergenze con il Movimento di Beppe Grillo sono state risolte in maniera amichevole», è la dichiarazione dolce con cui Farage annuncia la ricomposizione della frattura. In un lungo post sul blog, in cui viene svelato il nuovo responsabile della comunicazione del M5S in Europa (che sarà Cristina Belotti), il garante prova a giustificare la piroetta. Anzitutto, si replica a chi accusa di aver deciso l’ultima mossa senza consultare nuovamente gli iscritti online: «Il ritorno nell’Efdd rispetta la volontà espressa dalla Rete applicando la seconda scelta più votata». Ma le parole più dure sono riservate al leader dell’Alde, Guy Verhofstadt: «Dovrebbe solo vergognarsi, perché da meschino si è piegato alle pressioni dell’establishment».

Poi si passa alla controffensiva, rilanciando con forza la vecchia battaglia del voto sull’uscita dall’euro, condivisa anche da Luigi Di Maio. «La moneta unica deve essere sottoposta a un referendum popolare», sostiene Grillo elencando le 7 sfide che intende portare avanti nelle istituzioni continentali. Nella lista rientra anche il sostegno alla Russia, che viene ritenuto «un partner economico e un alleato contro il terrorismo, non un nemico». L’ira di Grillo si riversa, infine, su quello che definisce un caso mediatico sul pre-accordo che il Movimento avrebbe stretto con Verhofstadt già il 4 gennaio: «Le carte fatte circolare non ci appartengono, non abbiamo firmato nessun contratto, si tratta di un elenco di punti comuni e di contrasto». Nonostante il tentativo di scaricare la figuraccia sull’Alde, la tensione interna torna ai massimi livelli. I commenti sul blog non perdonano: «Abbiamo fatto una tripla capriola carpiata con doppio avvitamento... ». A Roma molti deputati e senatori sono sconcertati per la gestione della vicenda europea. «Sembriamo dei dilettanti allo sbaraglio», si sfoga un parlamentare. Anche in virtù di queste acque agitate, l’arrivo a Roma di Davide Casaleggio – previsto nei prossimi giorni – slitta di almeno un paio di settimane.

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