domenica 20 marzo 2022
I profughi devono sfondare il filo spinato polacco per entrare in Europa e non essere “deportati” nel Paese d’origine. La testimonianza: «I militari ci hanno cacciati nella foresta»
Il centro di accoglienza di Bruzgi, quasi svuotato. Fino a venerdì erano ospitati oltre 100 profughi provenienti dal medio oriente e dall’Africa a cui il governo di Minsk aveva offerto visti e denaro con l’inganno di poter da lì tentare l’ingresso in Europa

Il centro di accoglienza di Bruzgi, quasi svuotato. Fino a venerdì erano ospitati oltre 100 profughi provenienti dal medio oriente e dall’Africa a cui il governo di Minsk aveva offerto visti e denaro con l’inganno di poter da lì tentare l’ingresso in Europa - .

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Le guardie bielorusse li hanno buttati fuori dal centro di accoglienza di Bruzgi, nella foresta. Nella foresta tra Bielorussia e Ucraina è ripartito l’assalto alla frontiera. Il popolo delle lanterne verdi che abbiamo dimenticato è ancora lì. Devono provare a sfondare il filo spinato eretto dalla Polonia, poi a nascondersi alle retate della polizia di Varsavia, che gira anche in borghese nella zona rossa tra la foresta a cavallo del confine europeo con la Bielorussia che è stata militarizzata.

E quindi provare a raggiungere le destinazioni finali, in genere in Europa occidentale. I profughi che da quattro mesi vivono nella base logistica della dogana di Bruzgi sono stati messi davanti alla scelta di uscire allo sbaraglio o venire deportati dalle guardie bielorusse a Minsk e quindi nel paese di origine. Gli attivisti polacchi segnalano la costante ripresa dell’attività di passaggio, con chiamate e richieste di aiuto da parte di persone bloccate da giorni senza viveri e acqua nel gelo di fine inverno in zone che non conoscono, spesso paludose, senza scarpe e indumenti adatti. Va in scena sulla pelle di centinaia di disperati, tra cui molte famiglie con bambini e persone malate o disabili, l’atto finale di una tragedia avviata con cinismo dal regime di Minsk, fido alleato di Putin che lo scorso autunno aveva offerto visti turistici a profughi curdi iracheni, siriani, iraniani, yemeniti e addirittura passaggi in autobus fino alla foresta promettendo loro con l’inganno l’opportunità di entrare nella Ue.

Ma nella zona rossa creata attorno al confine, gli attivisti locali e le Ong polacche di Grupa granica - che agiscono con nomi in codice per sfuggire alle conseguenza della dura norma anti immigrazione segnalano anche i respingimenti continui di persone vulnerabili. Solo uno su dieci, secondo le stime dei volontari, riesce a passare. Ma indietro non si può tornare, le guardie bielorusse lo impediscono. Ti prendono e ti spostano davanti a un altro tratto di confine. «Dieci giorni fa militari e guardie di Bruzgi – è la testimonianza diretta di Mustafà, che siamo riusciti a raccogliere per telefono dal campo bielorusso – sono entrati nel centro puntandoci contro i fucili e intimandoci di prendere una decisione: andare nella foresta o venire riportati a Minsk e rimpatriati. Al centro hanno detto che non potevamo più restare.

E così è stato svuotato, quotidianamente c’è qualcuno che si avventura a piedi verso i boschi. a siamo tutti profughi e nei nostri paesi non possiamo tornare». In questi giorni, confermano anche altre testimonianze di attivisti e operatori umanitari, la pressione per svuotare la base è cresciuta. Venerdì erano rimaste 150 persone, le ultime 90 che speravano di farcela sono partite sabato mat- tina. «I single e chi se la sentiva di correre rischi è partito. Siamo rimasti noi più deboli e vulnerabili – spiega Mustafà – ovvero disabili, persone senza gambe e occhi per colpa della guerra o malati. Molti sono bambini che non possono certamente sopravvivere nella foresta. Non abbiamo scelta. Torneremo a Minsk e ci hanno garantito che verremo riportati in patria. Abbiamo resistito 4 mesi a Bruzgi in condizioni difficili, non vogliamo andare nella foresta, moriremmo tutti.

Il centro di accoglienza di Bruzgi, quasi svuotato. Fino a venerdì erano ospitati oltre 100 profughi provenienti dal medio oriente e dall’Africa a cui il governo di Minsk aveva offerto visti e denaro con l’inganno di poter da lì tentare l’ingresso in Europa

Il centro di accoglienza di Bruzgi, quasi svuotato. Fino a venerdì erano ospitati oltre 100 profughi provenienti dal medio oriente e dall’Africa a cui il governo di Minsk aveva offerto visti e denaro con l’inganno di poter da lì tentare l’ingresso in Europa - .

Ma anche tornare in Iraq sarebbe la morte». Stamane lo svuotamento di Bruzgi, che torna così nella piena disponibilità dell’esercito di Lukashenko schierato con Putin, dovrebbe essere terminato. Non sanno quale sarà la loro sorte, ma le razioni di cibo si sono ridotte da giorni a tè, carne e patate. Non sanno se saranno riportati in città e messi su un volo diretto nella patria dalla quale sono fuggiti o spinti nella foresta ostile verso il filo spinato. L’unica cosa certa è che chiedono disperatamente aiuto all’Europa.

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