domenica 9 agosto 2020
La mascherina? «All’aperto non serve». Viaggio tra i ragazzi in vacanza, che hanno dimenticato il Covid. Da Gallipoli a Ischia ecco perché le nuove generazioni ora preoccupano
Assembramento nella Piazzetta di Capri

Assembramento nella Piazzetta di Capri - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Dalla movida alla “Covida”, come l’ha già ribattezzata qualcuno, il passo è breve. Ed evidentemente alcune cose non sono ancora chiare ai molti giovani ammassati per le vie delle gradi città, nelle discoteche all’aperto e sulle strade delle località turistiche: il virus continua a circolare, non è diventato «più buono», gli esperti non fanno che ripeterlo in ogni dove. E l’obbligo della mascherina è ancora valido, anche all’aperto, a meno che non sia possibile mantenere il distanziamento sociale o non si esca esclusivamente con familiari e conviventi. Non è casuale, d’altronde, che il drastico abbassamento dell’età media dei contagiati (39 anni) sia ben evidenziato dai dati di sorveglianza integrata dell’Istituto superiore di sanità. Con un aumento dei casi tra gli adolescenti certificato dall’Oms, dal 24 febbraio a oggi, di ben sei volte. E se pure la gran parte dei nuovi contagiati sono asintomatici, con rischi limitati per la salute dei giovani infetti, il problema riguarda i parenti, specie se in là con l’età. «Siamo stati superficiali, ora ho paura per la mia famiglia» ha confessato candidamente una 18enne padovana al ritorno da una vacanza in Croazia, in cui lei e le sue amiche hanno contratto il Covid. Dispiaciuta per aver messo nei guai gli amici e i parenti incontrati al ritorno, ha ammesso di essersi fatta condizionare e di non aver mai indossato la mascherina durante il viaggio. Ed è solo l’esempio più recente.

Controlli e ordinanze In queste ultime settimane ordinanze e controlli per limitare l’incoscienza tra i giovani si sono moltiplicate, al Nord come al Sud. Lo scorso weekend in una sola notte gli agenti della Polizia municipale di Milano hanno multato 39 ragazzi perché privi della mascherina. Con una delibera, le giunte comunali di Capri e Anacapri hanno deciso di «raccomandare a cittadini e turisti in visita o in villeggiatura l’adozione dell’app Immuni». In Emilia Romagna la Regione ha predisposto una clinica mobile sul litorale, mentre in Sicilia, nel Ragusano, il sindaco di Scicli ha deciso di attivare controlli costanti in ristoranti, pizzerie, locali e centri di ritrovo. C’è poi il Salento, meta estiva di migliaia di giovani ogni anno. A Gallipoli – finita sui giornali qualche giorno fa per il djset della celebrità Bob Sinclair con 2mila persone – come ha confermato il sindaco Stefano Minerva c’è allo studio l’ipo- tesi di impiegare vigilantes per contenere l’affollamento di gente nei locali notturni della città, sulla litoranea, sui lidi e sulle spiagge libere. «Il problema è generale – ha spiegato il primo cittadino –. In questo periodo di Covid ci sono 100mila persone che dormono insieme e camminano insieme in un paese che ne conta 20 mila. Questo costituisce un problema».

L’appello del ministro Infine, l’altro ieri è stato lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza a ricordare ai ragazzi i rischi di comportamenti poco responsabili: «Voglio lanciare un appello ai giovani. In questi giorni ne stiamo vedendo di tutti i colori: discoteche, apericene, locali notturni affollati, assembramenti di ogni tipo. Alle ragazze e ai ragazzi dico: state attenti, perché voi siete il veicolo principale del contagio in questo momento. La situazione è seria. È vero che l’Italia in questa fase sta meglio degli altri Paesi, ma è pura illusione pensare che, mentre nel resto d’Europa il contagio riparte e già si parla di seconda ondata, noi possiamo restare tranquilli e beati dentro i nostri confini».

Movida violenta Ma il Covid non è l’unico problema di questa estate post lockdown, perché i casi di movida violenta, da qualche settimana, cominciano a essere molti, troppi, tra pestaggi di gruppo, aggressioni e vandalismo. Violenza gratuita spesso, come accaduto a Milano nel caso del venditore di rose nato in Bangladesh, spinto nelle acque di un naviglio da due ventenni senza un apparente motivo. Oppure a Castellamare di Stabia, dove un carabiniere fuori servizio intervento per sedare una rissa tra ragazzi è stato pestato a sangue davanti a una folle di persone inerti. Le immagini riprese e postate sui social sono eloquenti. Solo ieri, a Ischia, due ragazzi hanno aggredito un 24enne sulla riva destra del porto, zona tra le più gettonate nelle notti dell’isola. A Ponza, assieme agli assembramenti fuori controllo, la cittadinanza ha sopportato per giorni schiamazzi, liti tra bande, ubriachezza molesta e festini improvvisati tra le vie dell’isola. Senza contare il caso del ragazzo finito in ospedale per un coma etilico.

Violenza e Covid Viene da chiedersi se l’esplosione di tante manifestazioni del genere non sia il risultato dei due mesi di “clausura” imposti ai giovani a causa del lockdown. «Probabilmente le persone stanno provando un senso di sollievo a cui si accompagna un processo di negazione dell’accaduto – spiega Simona Caravita, già docente di Psicologia dell’Università Cattolica e ora in Norvegia – . Quando è stato dato il via libera (penso ad esempio all’utilizzo delle mascherine all’aperto), immediatamente tutti hanno percepito che la situazione fosse superata. Un senso di euforia successivo a un momento di grande stress. E qui potrebbe esserci anche questo meccanismo, assieme all’illusione di una responsabilità collettiva che spesso accompagna i gruppi di ragazzi e alla perdita di freni inibitori dovuta al consumo sregolato di alcol e droghe».


39 anni
L’età media dei casi di Covid-19 registrati in Italia negli ultimi 30 giorni secondo i dati della sorveglianza intergrata dell’Istituto superiore di sanità. La metà dei nuovi positivi si inserisce nella fascia d’età 19-50, il 12% in quella 0-18

6 volte
Quanto sono aumentati i casi di coronavirus tra gli adolescenti dal 24 febbraio a oggi secondo i calcoli dell’Organizzazione mondiale della sanità. I contagi tra bambini sono aumentati invece di ben 7 volte


Ma forse il Covid ha reso semplicemente evidente un processo che era in corso già prima della pandemia e del quale ci siamo accorti solo adesso: «L’escalation di violenza stava aumentando da tempo – dice Nicola Ferrigni, sociologo della Link Campus University –. Tra l’altro il giovane ha già dimenticato le conseguenze di un atteggiamento scorretto rispetto al Covid. Lo vediamo dal fatto che in molti stanno abbassando la guardia. La movida non esprime più soltanto il divertimento, che certo già in passato poteva anche avere forme estreme legate al consumo di alcool o di sostanze stupefacenti. Adesso è l’espressione di un malessere da parte dei giovani, che trova la sua manifestazione in questi episodi. Il termine movida, per alcuni aspetti, devia. Questa forma di violenza è una risposta a un malessere di fronte a uno stallo culturale e sociale della società. I punti fermi giovanili sono più che implosi, sono in blocco. Che è peggio, perché l’implosione lascerebbe intravedere una fine e una ricostruzione. Invece vedo una non risposta. La nostra è una società incapace di offrire loro un progetto».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: