mercoledì 4 dicembre 2019
Distrutte oltre 100 baracche, più di 400 braccianti rimasti senza un tetto. Le fiamme potrebbero essere partite da un braciere o da un precario collegamento elettrico
Baracche distrutte dall'incendio divampato nella notte al "gran ghetto" dei migranti che si trova nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico, nel Foggiano (Ansa)

Baracche distrutte dall'incendio divampato nella notte al "gran ghetto" dei migranti che si trova nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico, nel Foggiano (Ansa) - Ansa

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Hanno passato la prima notte ospiti degli amici, nelle baracche rimaste indenni, i 400 braccianti immigrati che hanno perso tutto nell'incendio che ha devastato il "gran ghetto" di località Torretta Antonacci, nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico.

Ci vorranno alcuni giorni, come ci spiega il prefetto di Foggia, Raffaele Grassi, per mettere in piedi strutture di accoglienza. Bisogna spianare un terreno di proprietà della Regione Puglia e installare alcune tensostrutture capaci di ospitare i quattrocento senzatetto. Ci saranno anche bagni e torri di illuminazione, tutto ad opera della Protezione civile regionale. Ironia della sorte, meglio di come era la baraccopoli. Ma nel frattempo sono arrivate, trainate, alcune roulotte scassate come quelle bruciate.

La conferma di un "mercato" di questi alloggi di fortuna (nel ghetto ce ne erano centinaia). Intanto si procederà rapidamente, sempre a cura della Regione, alla bonifica dell'area. Prima saranno portati via i cumuli di rifiuti, che da mesi circondano il ghetto, anche nell'area che dovrebbe ospitare le tensostrutture.

Era una delle richieste del cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere di papa Francesco, dopo la sua visita lo scorso 27 settembre. Ma ora si sono aggiunti i resti delle baracche bruciate che, dopo la combustione, sono diventati rifiuti speciali, molto più complicati da smaltire, con regole molto severe. Dunque ci vorrà più tempo. Ma si farà.

Intanto si è già mossa la macchina del volontariato. Questa mattina gli operatori della Caritas diocesana di San Severo, guidati dal direttore don Andrea Pupilla, hanno portato coperte e viveri. E torneranno giovedì. "Le parrocchie - ci spiega don Andrea - si sono subito attivate, raccogliendo vestiti e coperte. Sono le cose che gli immigrati ci hanno chiesto di più. Anche perchè comincia a fare freddo".

E così sta facendo la Flai Cgil, in collaborazione con la Caritas. Don Andrea ci racconta poi che non ci sono stati danni alle persone, tranne una donna ferita, perché "qualcuno ha urlato e sono riusciti a mettersi tutti in salvo". Le fiamme hanno invece squagliato le cisterne in vetroresina per l'acqua, ma sono arrivate delle autobotti della Regione per non far mancare questa risorsa necessaria.

Nel pomeriggio sono arrivati anche i primi pasti che il Comune si è impegnato a fornire per almeno sessanta giorni. "Abbiamo incontrato alcuni migranti e ci hanno raccontato che hanno perso tutto - spiega Daniele Iacovelli, della Flai Cgil - qualcuno è riuscito a salvare solo i documenti che per loro sono come l’aria che respirano". Per aiutare chi invece li ha persi, la Questura di Foggia ha fatto sapere di essere disponibile a fornire duplicati dei permessi di soggiorno in corso di validità.

L'incendio al "gran ghetto"

Un grande incendio scoppiato nella notte tra lunedì e martedì ha bruciato quasi la metà del "gran ghetto" di località Torretta Antonacci, nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico. Le fiamme, probabilmente partite da un braciere o innescate da un precario collegamento elettrico, hanno distrutto oltre cento baracche, lasciando senza riparo più di 400 braccianti immigrati, che in questo "non luogo" avevano comunque trovato riparo. Per fortuna solo una donna è rimasta ustionata ed è ricoverata all'ospedale di Foggia.

È il secondo grande incendio che colpisce l'insediamento. Il primo nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2017 aveva provocato la morte di due ragazzi del Mali. Fiamme scoppiate mentre era in corso lo sgombero ordinato perché i terreni sui quali si trovava la baraccopoli, di proprietà regionale, erano finiti sotto sequestro della Dda di Bari. Ma dopo pochi mesi il "gran ghetto" è rinato a cinquanta metri di distanza, un fittissimo agglomerato di baracche e roulotte scassatissime, abitato nella stagione di maggiore attività agricola da più di 1.500 braccianti, cresciuti anche in conseguenza delle norme del cosiddetto "decreto sicurezza". Eppure quasi ignorato, "il ghetto che non c'è", ma ben presente.

Qui il 27 settembre era venuto il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere di papa Francesco, accompagnato dal vescovo di San Severo, monsignor Giovanni Checchinato e dagli operatori della Caritas diocesana, tra i pochi presenti accanto agli immigrati. «Servono fatti concreti, anche se piccoli. Bisogna cominciare e noi lo faremo», aveva promesso. Poi era entrato nella baracca/bar di Eva, cattolica del Camerun, uno di quelle ora completamente distrutte dalle fiamme. La donna gli aveva fatto un'accorata richiesta. «Aiutaci ad avere una condizione dignitosa, vogliamo lavorare. Ma c'è il problema della residenza, dei documenti. Senza, il padrone non ci fa il contratto». «Conosco questo problema - aveva risposto padre Corrado - Voi dovete avere i documenti, perché vi danno la dignità e vi rendono autonomi. Vi aiuteremo». E così è stato. Ad appena un mese dalla visita dell'inviato del Papa tra i ghetti della Capitanata, a San Severo, presso la Curia vescovile, alla presenza del cardinale, è stato firmato un protocollo tra la Diocesi e l'Amministrazione comunale, proprio per risolvere il problema della residenza.

Ma ora le fiamme riportano tutto indietro. Per 400 persone ora il problema urgente è avere un tetto. Molti hanno perso tutto. Ancora una volta i volontari, sia della Caritas che della Flai Cgil, si sono attivati portando coperte, vestiti, alimenti. Ma non basterà. Per questo il prefetto di Foggia, Raffaele Grassi ha convocato una riunione straordinaria del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica per cercare una sistemazione abitativa per chi è rimasto senza un tetto.

Al termine dell'incontro il prefetto Raffaele Grassi ci parla di "una vera emergenza, riconducibile a un attività di protezione civile". E questo si farà. Da subito. Per questo si è convenuto sull'urgente necessità di dare assistenza ai migranti mediante l'allestimento di una tendopoli in una zona limitrofa, di proprietà regionale. Proprio quella dalla quale il vecchio ghetto era stato sgomberato. Il prefetto ha chiesto al Viminale quanto necessario per 500 posti, al cui allestimento provvederà la Protezione civile regionale. Si tratterà di tende e container. Il comune di San Severo assicurerà, d'intesa con la Regione, la distribuzione di pasti, al momento per 60 giorni. Infine l'Agenzia regionale Ager, di concerto col Comune, provvederà alle attività di rimozione e di bonifica dell'area. "Ma c'è davvero bisogno dell'aiuto di tutti", è l'appello del prefetto. La Caritas, attraverso il direttore, don Andrea Pupilla, ha già dato tutta la sua disponibilità.

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