martedì 10 giugno 2025
Incontro governo-maggioranza a Palazzo Chigi. L'ipotesi di un comitato etico. Divisioni sul ruolo della Sanità. Le opposizioni: no a imposizioni
Una palliativista con un paziente in ospedale

Una palliativista con un paziente in ospedale - Siciliani

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Il fatto nuovo è che il tema del fine vita finisce per la prima volta al tavolo dei leader di centrodestra. A Palazzo Chigi il confronto sul tema vede protagonisti la premier Giorgia Meloni, i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, il capo di Noi moderati Maurizio Lupi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i senatori di maggioranza in prima linea nel tentativo (già più volte fallito per divisioni interne al centrodestra) di redigere un testo-base.

Il vertice ha un valore politico in vista della calendarizzazione del tema il 17 luglio a Palazzo Madama. Da un lato indica che una legge si vuole fare, dall’altro indica che si è vicini alla “stretta”, a un’intesa che si presume “vincolante” per tutta la maggioranza, al netto della libertà di coscienza.

Ieri, a quanto si apprende, la premier non si è espressa, ha ascoltato attentamente il report dei senatori, ha raccolto le argomentazioni di Nordio e le posizioni dei partiti alleati. Già note le sono invece le linee di pensiero dentro FdI, una più aperturista e che sino a un certo punto stava contribuendo alla stesura di un testo all’interno del Comitato ristretto delle commissioni senatoriali, l’altra più ferma sul non creare alcun automatismo.

La riunione di governo di ieri sembra aver dato esiti non definitivi. Ma delle indicazioni ci sono. La prima è, appunto, provare a fare la legge. La seconda consiste nel puntare sulle cure palliative, al punto da considerarle il “quinto paletto”, da aggiungere ai quattro fissati dalla Corte costituzionale per depenalizzare il suicidio assistito. La terza è - sarebbe - nell’affidare l’ultima parola sulle richieste di accedere alle procedure assistite di fine vita a un Comitato etico nazionale, da scegliere - anche qui siamo nel campo delle ipotesi - attraverso un Dpcm. L'ipotesi è confermato da Pierantonio Zanettin, relatori al Senafo in quota Forza Italia.

Irrisolta, invece, la tensione circa il ruolo del Servizio sanitario nazionale. La sanità pubblica sarà certamente un attore nell’accesso alle cure palliative - anche se non è stato ancora affrontato il nodo delle risorse -, ma una parte di governo e di maggioranza non vuole che un’istituzione pubblica sia direttamente coinvolta nelle procedure che mettono fine alla vita di una persona che lo chiede. C’è però una componente di centrodestra, soprattutto dentro Forza Italia, che ritiene inevitabile far passare i casi anche dal Servizio sanitario.

All’uscita dal vertice di Palazzo Chigi, il leader di Forza Italia Tajani è prudente: «La maggioranza è unita, ci sarà una legge ma il suicidio non è diritto». Mentre Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, si limita a ricordare che l’appuntamento-chiave è quello del 17 luglio al Senato. Salvini pare il più freddo: «Con calma», dice rispetto alla legge.

L’opposizione, però, non accoglie positivamente l’azione dei leader di governo. Il dem Alfredo Bazoli, che diede il nome a una legge arrivata quasi al traguardo durante la scorsa legislatura, avvisa: «Non consentiremo che anche su un tema come quello del fine vita, per il quale c’è un Comitato ristretto che da 5 mesi e mezzo si riunisce senza arrivare a nulla, ci sia un’ennesima imposizione del Governo sul Parlamento. Vi avvertiamo ora per allora. Non fatelo perché non lo accetteremo». A stretto giro, la posizione di Bazoli diventa la posizione unitaria di Pd e M5s, con in prima linea l’ex ministro Stefano Patuanelli. Guardinghi i partiti di centro, anche perché eventualmente si andasse al voto su un testo, l’esito sarebbe incerto sia nella maggioranza sia nella minoranza.

Il timore di parte del Pd, di Avs e dei pentastellati è che il centrodestra voglia produrre una legge “ingessata”, che scoraggi la richiesta di accedere alle procedure di fine vita. Un retropensiero che è anche nella componente “liberal” del centrodestra ma, di fronte a un accordo tra leader, la maggioranza rinuncerebbe alla conflittualità interna degli ultimi mesi. In ogni caso, l’iter nelle due Camere si annuncia a dir poco complesso.

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