mercoledì 11 novembre 2009
Il voto all'unanimità dopo che due emendamenti alla riforma erano stati approvati contro il parere dell'Esecutivo. Si riferiscono all'articolo 21 della manovra. Un altro emendamento del Pd, con parere contrario del governo, è stato bocciato per soli due voti di scarto.
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    Il governo è stato battuto due volte su emendamenti presentati dal Partito democratico e dall'Italia dei valori. È successo alla Camera, nel corso della votazione sulla legge Finanziaria, che è poi comunque stata approvata con 467 voti favorevoli, 2 astenuti, nessun contrario. Al voto erano presenti 469 deputati.Gli emendamenti approvati. Gli emendamenti all'articolo 21 sul bilancio di previsione, che hanno visto il Pdl andare sotto e sui quali anche il vice ministro all'Economia Giuseppe Vegas e il relatore del ddl avevano espresso parere contrario, riguardavano il disegno di legge di riforma della Finanziaria. Un terzo emendamento del Pd, a firma Linda Lanzillotta, è finito in parità ed è quindi stato bocciato. Già in precedenza il governo si era salvato per soli due voti grazie alle assenze dei rutelliani, che partecipavano alla conferenza stampa di presentazione di Alleanza per l'Italia. L'emendamento dell'Idv introduce un raccordo tra i programmi di bilancio e la nomenclatura Cofog (nomenclatura di riferimento internazionale). L'emendamento del Pd evidenzia il collegamento tra gli indicatori e i parametri di previsione e il sistema di indicatori e obiettivi adottati da ciascuna amministrazione per le valutazioni previste dalla legge Brunetta sulla produttività nel lavoro pubblico e dai successivi decreti.Il precedente. Il governo e la maggioranza erano stati battuti anche martedì nel corso delle votazioni sull'articolo 7. L'emendamento del Pd prevedeva che il governo porti in Parlamento entro il 15 settembre uno «schema di decisione di finanza pubblica» e non più la «decisione di finanza pubblica» (Dpf) come indicava il testo dell'esecutivo. Il Dfp è il documento che sostituirà il Dpef. La nuova formulazione modifica in sostanza il «peso» della valutazione del documento che prima era predisposto in via ultimativa dal governo, mentre ora pone l'accento sulla valutazione che dello «schema» potrà fare il Parlamento.
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