giovedì 10 novembre 2016
A Ferentino un operaio, chiamato per rimuovere quello che sembrava un "ostacolo", ha fatto la macabra scoperta. In casa della ragazza farmaci abortivi illegali. Gigli (MpV): "Istituzioni latitanti"
Il bimbo trovato nella fossa biologica era già formato e lungo 20 centimetri

Il bimbo trovato nella fossa biologica era già formato e lungo 20 centimetri

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Un fastidioso intoppo che per qualche ora ha otturato la rete fognaria del palazzo, costringendo i condòmini a chiamare gli addetti allo spurgo. Solo che a infilarsi in quel tubo era stato un bambino – era lui "l’ostacolo" da rimuovere – un feto perfettamente formato e lungo venti centimetri, passato direttamente dal ventre della propria madre al tunnel della morte, la più orribile.

È finita qui la breve vita di Angelo – lo chiamiamo così –, dentro una storia che ha tutti i contorni dell’orrore. A individuarlo nella fossa biologica di un palazzo a Ferentino (Frosinone) è stato uno degli operai impegnati ieri nello spurgo della fogna. Scambiando il bambino per un involto di plastica, però, l’addetto lo aveva estratto e gettato sul terreno, per poi proseguire i lavori di manutenzione. Per questo Angelo, dopo essere passato dal ventre caldo al gelido tubo, è rimasto giorno e notte sulla strada, sotto la pioggia battente. Pioggia crudele? Pioggia che si accanisce? O pioggia che lava, come di solito avviene quando un bambino nasce? Pioggia che ha pena e dice al mondo: guardate, non era uno scarto, non era nemmeno un guasto, osservatelo da vicino ora che è pulito.

Gettato in strada: "Sembrava un involto di plastica"

E infatti solo oggi, ha spiegato sotto choc l’operaio, «l’ho riconosciuto, dopo che la pioggia lo aveva lavato dal sudiciume della fogna mi sono reso conto». Immediata la chiamata al 113 e la Polizia scientifica ci ha messo poco a individuare gli edifici dai quali il piccolo poteva essere stato gettato. Presto è arrivata all’appartamento in cui vivono una ventenne rumena e un uomo, forse il suo compagno (ma forse tutt’altro?). Nella casa sono stati sequestrati indizi pesanti, dal blister di farmaci normalmente usati per aborti illegali, praticati fuori dal circuito sanitario, al biglietto di prenotazione presso un consultorio di Frosinone, che rafforza l’ipotesi della gravidanza. Le indagini sono in corso per verificare le responsabilità della giovane (che è indagata e per ora si è avvalsa della possibilità di non rispondere), del suo coinquilino e di altre eventuali persone che avrebbero potuto favorire l’aborto illegale, e le ipotesi in campo vanno dall’interruzione volontaria della gravidanza senza l’assistenza medica, che prevede la reclusione fino a sei mesi, all’induzione all’aborto, con pena fino a tre anni. Sarà la prova del Dna a individuare in modo incontrovertibile i genitori del povero bambino.

Movimento per la Vita: "Offrire alle donne alternative concrete"

«È l’epilogo inaccettabile della cultura dello scarto – denuncia Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita italiano (Mpv) –. Alla magistratura spetta il compito di fare giustizia, ma a noi di ribadire alle istituzioni il dovere di offrire, a chi si trova a scegliere nella solitudine, le alternative all’aborto, garantendo forme concrete di aiuto», quelle che la stessa legge 194 (disattesa) prevede solo sulla carta, e che invece il Mpv eroga «con la nostra rete di case di accoglienza, i Centri aiuto alla Vita, migliaia di volontari». Occorre anche far conoscere di più la possibilità prevista dalle norme italiane «di partorire in anonimato e lasciare il bambino in ospedale, senza conseguenze».

Bimbo di sei mesi. "Quali complicità?"

Preoccupa, inoltre, l’eventualità che «figure terze» abbiano contribuito all’uccisione del piccolo, un bambino che doveva essere di cinque o sei mesi: «Bisogna vedere che farmaci sono stati usati per indurre l’aborto, o la Ru486, o più facilmente dei medicinali antiulcera che, in dosi elevate, danno questo effetto, e in entrambi i casi c’è l’ipotesi terrificante di un medico complice. Molta roba, poi, ormai si acquista anche via Internet». Sono le "risposte" che la cultura dello scarto oggi offre a una ragazza confusa, cui nessuno fa sapere che l’alternativa c’è, che non è sola.

Il calvario di Angelo

Intanto il calvario terreno di Angelo non è finito. Ora è posto "sotto sequestro", nell’obitorio dell’ospedale di Frosinone, dove sarà sottoposto agli accertamenti medico legali per il Dna «e per capire le cause dell’aborto». Ma quelle non le troveranno lì.

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