mercoledì 18 giugno 2014
​Il caso sollevato da una coppia di Napoli che a dicembre si è sottoposta a fecondazione assistita: il profilo genetico del feto non corrisponderebbe a quello dei genitori. In corso verifiche, ma ci sono forti dubbi.
COMMENTA E CONDIVIDI
La storia, drammaticamente, potrebbe ripetersi. E se errare è umano, perseverare può valere lo scotto di un milione di euro di richiesta danni. Che una coppia di Napoli, un’altra coppia che avrebbe scoperto di aspettare un figlio biologicamente non suo, ha dichiarato d’esser pronta a indirizzare all’ospedale romano Pertini, all’Asl di competenza e al ministero della Salute.Sarebbe successo di nuovo, dunque. Almeno secondo la versione della coppia, ricostruita con tanto di ampi virgolettati dal sito Affari italiani nel tardo pomeriggio di mercoledì. È al Pertini che marito e moglie si sarebbero recati per avere un figlio ai primi di dicembre. Sono i giorni del caos, quelli in cui è già avvenuto l’altro scambio di embrioni. La donna resta incinta di una bambina. Qualche settimana più tardi, vista l’età avanzata, le viene però consigliata un’amniocentesi di controllo, che effettua al San Camillo, e lì arriva anche la scoperta choc: «Il profilo genetico del feto non è compatibile né con quello materno né con quello paterno». Disastro. Angoscia. «I medici ci hanno messo davanti all’aborto terapeutico – racconta il padre –. Ma abortire ci è sembrato un delitto a tutti gli effetti. Non ci importa di sapere chi siano i genitori, la nostra bambina avrà un padre e una madre che si prenderanno cura di lei». È la stessa decisione dell’altra coppia del Pertini, ma i coniugi di Napoli hanno deciso di non fermarsi. E di chiedere conto del loro dramma. Un conto da un milione di euro, che hanno deciso di reclamare – rappresentati dall’associazione Agitalia – per danni morali, patrimoniali e biologici all’ospedale, all’Asl competente e al ministero della Salute.Fin qui la versione dei due, appunto. Per i fatti, però, bisognerà aspettare. La coppia non è ancora stata richiamata dal Pertini per i controlli avviati su tutti i pazienti che si erano rivolti al centro di procreazione nei giorni individuati come quelli in cui si è verificato il primo errore e il direttore generale dell’ospedale, Vitaliano De Salazar, dopo aver verificato i nominativi, smentisce qualsiasi scambio di provette. Non risulterebbero in archivio i nomi della coppia nei giorni in cui si sarebbero sottoposti al trattamento. Anche dal laboratorio analisi del San Camillo arrivano smentite: «L’esame è stato falsificato – sostiene Paola Grammatico, direttore del Laboratorio di Genetica medica dell’ospedale – Ho visionato i referti degli esami che sarebbero stati effettuati nel laboratorio che dirigo e non sono autentici». Le incongruenze andrebbero dalla carta intestata «che non usiamo da tempo», alla data in cui la donna si è sottoposta al prelievo «che corrisponde a una domenica» fino alla numerazione della richiesta «che non corrisponde alla nostra» e al referto di valutazione genetica «che non corrisponde all’aminiocentesi fatta».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: