mercoledì 7 novembre 2012
​«Ma è anche un sogno e senza di noi settore in mano al crimine».
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​«Non sono un giocatore e ho sempre preferito tenermi in tasca i soldi che ho guadagnato piuttosto che scommettere con la speranza di farne di più. Sì, lo ammetto: ho sempre creduto che il gioco regali sogni ed emozioni, ma non abbia mai fatto ricco nessuno». Augusto Fantozzi sa che quelle parole hanno un valore, una forza. E ci osserva mentre ci interroghiamo in silenzio: ma come? L’ex ministro delle Finanze che oggi è ai vertici di Sisal mette in guardia i potenziali clienti della "sua" azienda? Il professore si sistema attorno al collo la lunga sciarpa rossa e ci chiede di distinguere l’uomo che racconta se stesso dall’uomo che è presidente di un’azienda che si occupa di gioco e di scommesse. «Deve riuscire a separare la vicenda umana da quella professionale. Io sono cresciuto con mio zio Lorenzo che quando gli chiedevo di comprarmi un biglietto della lotteria mi rispondeva sempre con le stesse parole: "Augusto, costa mille lire. Te ne do cinquecento così guadagniamo tutti e due". Ma lei ora non usi la mia vicenda privata per raccontare un presidente di Sisal che dice no al gioco. Il gioco è anche sogno, il gioco può regalare anche momenti d’emozione. Non voglio fare folclore, ma il botteghino del lotto raccontato da De Filippo era frequentato da un’umanità che non era incattivita. Magari era povera, ma non disperata». Le cronache troppo spesso parlano invece di gente disperata, rovinata dal gioco, incapace di liberarsi da una dipendenza.Non è il gioco a rovinare, è come uno si avvicina al gioco che può trascinarti sul fondo. Conoscevo persone che partivano per Agnano e arrivavano all’ippodromo che avevano già giocato un sacco di soldi. Scommettevano sulle targhe delle automobili: quella che appare dietro la prossima curva è pari o è dispari? Chi vuole giocare d’azzardo trova il modo di farlo. Ma quello non è gioco; è malattia, è patologia.Quanti sono i malati di gioco? Sisal ha fatto degli studi per fotografare la realtà e ha avuto conferme nette: il gioco problematico è una parte marginale. Ma accanto al giocatore schiavo della scommessa ci sono giocatori che perdono 20 euro, ma passano un’ora di svago. Non crede che i giocatori malati, anche se minoranza, meritino assoluta attenzione?Se non lo pensassi non l’avrei nemmeno ricevuta. Io sono vicino alla linea di Avvenire, capisco fino in fondo il senso della vostra battaglia e il dovere di preoccuparsi anche di una minoranza. Ma la strada è chiudere tutto o mettere delle regole e, magari, garantire un sistema di assistenza? Lei può bere 10 bottiglie di whisky e... Mi creda, il proibizionismo non risolve il problema. Il problema va risolto con l’affetto, con l’assistenza, stando vicino a chi ha un disturbo e spesso non riesce a liberasene.La ludopatia è una malattia?Il gioco patologico è una malattia, io capisco e condivido la linea del ministro Balduzzi: bisogna riconoscere che ci sono dei malati di gioco. Come però ci sono malati di vino, di alcool, di sigarette. Negli Stati Uniti vengono curati e anche qui da noi è giusto seguire questa strada. Ma una cosa me la deve fare dire: questo non ha nulla a che vedere con Sisal, con i grandi gruppi. Noi siamo il gioco buono che prova a fare argine a quello cattivo.Ci racconti quello cattivo.C’è un gioco senza regole in mano alla criminalità. E se non ci fosse un soggetto capace di fare fronting, il gioco sarebbe nelle mani selvagge di soggetti che la parola regole non sanno nemmeno cosa sia. Insisto: Sisal sta dalla parte del bene. Siamo la longa manus dello Stato nel gioco. E non è solo una questione di gettito, non c’è solo il ministro dell’Economia Grilli. Nel è nostro Dna c’è anche il ministro Cancellieri e l’ordine pubblico; c’è anche il ministro Balduzzi e la salute. Il procuratore Pietro Grasso lancia l’allarme: i tentacoli della mafia sul gioco. E invita il legislatore a estendere anche a questo settore la richiesta di certificazioni antimafia. Sisal ha fatto e sta facendo tutto quanto previsto dalle leggi vigenti. Se ci sarà da fare di più, lo farà come sempre. Ripeto, siamo il gioco buono e ci somo regole chiarissime. Me le faccia leggere: "non incoraggiare il gioco in eccesso, non rivolgersi ai minori, non indurre a ritenere che il gioco possa risolvere problemi economici o possa sostituire il lavoro, non rappresentare come valori negativi la moderazione o l’astensione dal gioco..." .Io però ricordo una pubblicità che dipingeva come un bacchettone chi non è attratto dal gioco. A me una campagna pubblicitaria così non sarebbe mai venuta in mente. Uno spot così va solo stigmatizzato, solo denunciato. Io sono per dire le cose come stanno: il gioco è sogno, ma con il gioco non si svolta. Mi è capitato di andare a vedere una corsa di cavalli. E di osservare con tristezza tante vecchiette cercare di risolvere con una puntata i troppi problemi economici che questa crisi infinita ha reso ancora più drammatici. La crisi fa male anche a Sisal?Nel 2012 il volume delle giocate per Sisal si è ridotto di circa l’8 per cento. Perdite, almeno in parte, compensate dall’aumento dei servizi di pagamento di bollette, ricariche telefoniche...Lei citava Balduzzi, io ricordo cosa diceva: proibire no, ma nemmeno moltiplicare le occasioni di gioco.Vogliamo stringere le regole? Bene. Vogliamo limitare ulteriormente gli spot? Bene. Io non direi mai no a una regolamentazione anche più stretta del regime pubblicitario, non mi opporrei a criteri ancora più rigidi per l’individuazione di aree dove far nascere nuovi punti. Sisal rispetta i vincoli e lo fa convinta che sia giusto così. Ma non accetto l’equazione gioco-malattia. E tutti dobbiamo imparare a ragionare in fisiologia, non in patologia. Se no rischiamo di fare scelte sbagliate. Che vuol dire ragionare in fisiologia?Non è confinando le sale gioco fuori dal Raccordo anulare che si risolve il problema. È la deformazione del gioco che va contrastata. È l’abuso, l’eccesso, la patologia. Bene allora regole e misure, ma se queste dovessero incidere sulla fisiologia, se si dovesse anche solo pensare di chiudere ovunque, allora vorrebbe dire contraddire la storia: il gioco buono c’è sempre stato. E non possiamo trasformarci tutti in missionari. Dobbiamo prendere atto di una realtà, dobbiamo essere laici. Laici cattolici, laici compassionevoli, laici solidali, laici attenti, ma dobbiamo essere laici e rispettare le regole di uno stato laico. Ma non mi fermo: Sisal sente forte il senso di responsabilità sociale, Sisal sostiene Save the Children, la Fondazione Veronesi, il Piccolo teatro...Il decreto Balduzzi è stato spuntato. Sisal ha fatto azione di lobbing?L’intervento decisivo per eliminare i 500 metri di distanza minima da scuole e oratori l’ha fatto Grilli. E Grilli non è sensibile ad alcuna azione di lobbing, ha solo il quadro chiaro: se perde tutti i soldi che gli arrivano dal gioco deve trovarli in un altro modo. E con un quadro come quello attuale non è una sfida facile.E così per fare cassa si moltiplicano le occasioni di gioco.Non so se questo incida in maniera rilevante. E comunque le faccio io una domanda: se l’estrazione del lotto infrasettimanale è servita a ristrutturare i musei italiani è bene o è male? Non crede che i minori siano possibili prede anche del gioco buono? L’attenzione ai minori è fortissima, le nostre regole ferme: chi non ha diciott’anni non gioca. Noi imponiamo controlli nelle nostre sale e chi viola le regole interne di Sisal è fuori, noi revochiamo le licenze. Non dubiti nemmeno un secondo della rigidità di Sisal, ma il problema non è solo nostro, è anche di ordine pubblico: tocca allo Stato vigilare.Ogni famiglia spende mediamente per il gioco otto volte di più di quello che spende per l’istruzione.Ci sono famiglie che si rovinano. Non sono numerose, ma ci sono e vanno tutelate. In una società di welfare dovremmo avere dei sistemi di attenzione alle famiglie, ma non tocca a Sisal. Io ho le mie convinzioni ideologiche, cattoliche, solidaristiche, ma lei mi viene a trovare come presidente Sisal e Sisal non rovina la gente. Sisal è un pezzo di storia d’Italia, era la schedina. Oggi è Wincity. Lì vogliamo attrarre il non giocatore: si chiacchiera, ti offrono un caffè, c’è un ambiente bello. L’ossessionato dal gioco non ci interessa. Eppure per tanti il gioco si trasforma spesso in un’ossessione.C’è chi alla vigilia delle elezioni americane compra dollari perchè è convinto che saliranno. Anche quella è una scommessa. Fatta con freddezza, con un’analisi, ma sempre una scommessa. C’è una componente di gioco anche nella persona più razionale. Anche dietro l’acquisto di un’azione c’è una scommessa. Il mondo che si è rovinato con i derivati faceva pure scommesse. Mi creda: la Finanza ha rovinato tante famiglie come o peggio del gioco. E forse nel gioco, nonostante tutto, resta un pizzico di sorriso in più.
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