venerdì 4 febbraio 2022
Sabato su "Avvenire" il reportage dedicato alla famiglia siriana salvata per merito di una foto. Grazie a Cei e Caritas ora padre e figlio riceveranno le cure necessarie
Il piccolo Mustafa con padre e madre

Il piccolo Mustafa con padre e madre - Nello Scavo

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Munzir ha negli occhi la stanchezza dell’eroe. Un giovane padre che perde una gamba sotto le bombe di Assad e riesce a portare in salvo la moglie Zeynab e i tre figli, tra cui Mustafa, cinque anni, nato quasi senza arti dopo che la madre aveva inalato il gas nervino sganciato dal dittatore siriano sulla popolazione civile.

Su Avvenire di sabato racconteremo la loro nuova vita in Italia, le foto inedite della quotidianità a Siena, attraverso immagini struggenti e allo stesso tempo liberatorie. Ricostruiremo alcuni dei crimini di guerra di cui porteranno i segni per sempre, grazie alle testimonianze e ai riscontri sui bombardamenti con armi chimiche in Siria. Racconteranno le paure e le speranze di una giovane famiglia divenuta il simbolo di tutto il male e di tutto il bene possibile e confideranno quello che non hanno mai voluto rivelare in queste settimane di improvvisa notorietà.

Mustafa con il padre e don Vittorio Giglio, della diocesi di Siena

Mustafa con il padre e don Vittorio Giglio, della diocesi di Siena - Nello Scavo

I profughi accolti grazie ai buoni uffici del governo italiano e all’impegno concreto della Chiesa italiana attraverso la Caritas, hanno appena concluso la quarantena nella casa messa a disposizione dalla Caritas di Siena. Con loro c’è il cardinale Paolo Lojudice,arcivescovo di Siena, che ci accompagna a conoscere la famiglia che si è salvata per la potenza di una fotografia e per la le braccia aperte “di voi italiani - ripete Zeynab ringraziando - che ci state offrendo una possibilità di vita in pace. A noi interessa solo che Mustafà possa essere curato e che i bambini possano andare a scuola”. Mai avrebbero pensato che un’intera comunità cristiana si sarebbe mobilitata per loro. “Abbiamo amici cristiani specialmente in Libano, famiglie che conoscevamo da prima della guerra e che adoriamo. Accoglienza e solidarietà sono parole comuni alle nostre fedi, però nessun Paese arabo musulmano si è offerto di prestare le cure per Mustafa e per mio marito. Invece lo ha fatto un Paese cristiano e questo non lo dimenticheremo mai”.

Mustafa con tutta la famiglia

Mustafa con tutta la famiglia - Nello Scavo

Mustafà è quel che si dice un giamburrasca. Al mattino si sveglia chiedendo quand’è che potrà andare a scuola e giocare con i bambini italiani. Anche le sorelline hanno imparato la parola “scuola” prima ancora di “pizza”. Munzir, il padre, si presta ai giochi di Mustafa che ci tiene a lasciarci sbalorditi perché lui sa già che quelli nella sua condizione spesso sono guardati come dei condannati a una vita di barriere impossibili da superare. Ostacoli che lui vuole abbattere a colpi di risate e vitalità. Non si sa davvero come, salta sulle spalle di papà, si aggrappa e gli chiede di portarlo a fare due passi. Mentre si allontana ti guarda con la spavalderia di chi sta dicendo: “Guarda cosa sono capace di fare, cosa credevi?”.

“La loro storia - riflette il cardinale Paolo Lojudice - è una sfida e un insegnamento. Perché Mustafa ci sta dicendo che i bambini devono essere al centro del nostro agire e che la guerra è il male assoluto, e non possiamo assistere in silenzio”.

Lo scatto, intitolato “Hardship of life”, realizzato l’anno scorso dall’artista turco Mehmet Aslan in un campo profughi, era stato premiato dal Siena International Photo Award

Lo scatto, intitolato “Hardship of life”, realizzato l’anno scorso dall’artista turco Mehmet Aslan in un campo profughi, era stato premiato dal Siena International Photo Award - via Ansa

Un anno fa il fotografo turco Mehmet Aslan, vincitore del “Siena International Photo Awards”, li aveva ritratti mentre il padre, che ha perso una gamba durante un bombardamento del 2014, sollevava il piccolo Mustafa, nato nel 2017 alcuni mesi dopo che il presidente siriano aveva sterminato migliaia di persone con il gas nervino.

Da allora Munzir ha avuto in mente un solo scopo: “Lottare per far curare nostro figlio e dare un futuro alle nostre bambine”. Mentre la moglie sottolinea le parole del marito e il senso della loro presenza in Europa con un gesto spontaneo e potente. Con la mano destra Zeynab afferra un lembo del copricapo nel gesto di toglierselo: “L’Islam non è tenere il velo sulla testa, è misericordia e pietà, quella che noi stiamo trovando nella Chiesa e tra le persone qui in italia”.


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