mercoledì 22 maggio 2019
È scontro politico sulla giornata che ricorda la strage di Capaci che uccise il giudice, la moglie e tre agenti di scorta. Fava (Antimafia) non ci sarà: è Salvini che deve ascoltarci.
Una manifestazione a Palermo per ricordare la strage di Capaci (foto d'archivio Ansa)

Una manifestazione a Palermo per ricordare la strage di Capaci (foto d'archivio Ansa)

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«Nessuno sporchi il 23 maggio». L’appello accorato di Maria Falcone è la sintesi dello stato di tensione che sta avvolgendo l’anniversario numero 27 della strage di Capaci, in cui furono uccisi dalla mafia il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. A far deflagrare le polemiche, già innescate nei giorni scorsi da alcune da alcune organizzazioni come Anpi, Arci e Centro Impastato che oggi boicotteranno le manifestazioni all’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, in aperta polemica con la presenza del vicepremier Matteo Salvini, ci hanno pensato le dichiarazioni del presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, e del presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, che all’invito a partecipare alla tradizionale cerimonia ufficiale nel luogo in cui Cosa nostra finì alla sbarra per la prima volta col maxiprocesso, hanno risposto: no, grazie.

A far cambiare idea a Fava sarebbe stata la scaletta degli interventi previsti durante l’evento clou della manifestazione #PalermoChiamaItalia, organizzata dal ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone. «Non andrò a ricordare Giovanni Falcone nell’aula bunker di Palermo. Preferisco andare a Capaci, nel luogo in cui tutto accadde, preferisco stare assieme a chi non ama le messe cantate sui morti» è il durissimo attacco di Claudio Fava: «Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia. Al posto dei vescovi e dei turibolanti che spargono incenso, ci saranno i ministri romani, gli unici che avranno titolo per parlare (con la loro brava diretta televisiva) e per spiegarci come si combatte Cosa nostra. Cioè verranno loro, da Roma, per spiegarlo a noi siciliani, a chi da mezzo secolo si scortica l’anima e si piaga le ginocchia nel tentativo di liberarsi dalle mafie».

Una posizione a cui si associa, per motivi diversi, il presidente Musumeci: «Dolorosamente non andrò nell’aula bunker per la prima volta. Mi dispiace per la signora Falcone. Le polemiche sono tante, c’è troppo veleno, c’è troppo odio e tutto questo non suona al rispetto della memoria del giudice Falcone e dei poveri agenti della scorta». Il governatore andrà alla caserma Lungaro «per assistere alla deposizione della corona di alloro da parte del capo della polizia».

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SECONDO NOI (L'OPINIONE DI AVVENIRE)

Dal dissenso motivato (e a volte doveroso) al boicottaggio preventivo (tanto più sulla memoria di un giudice eroe) il passo è troppo lungo. La decisione del pur coraggioso presidente della Commissione siciliana antimafia Claudio Fava (seguito da altre associazioni) di disertare la commemorazione di Giovanni Falcone cui presenzierà il ministro Salvini, in contestazione di una cerimonia "passerella", rischia di incrinare il ricordo condiviso del grande magistrato. L’assenza, non chiaramente motivata, anche del governatore dell’Isola Musumeci accresce il rammarico: si "svuota" di forte concordia anti-cosche un evento che vede in prima fila tanti ragazzi motivati, che non meritano queste debolezze della politica.

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Arriva però l’appello di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso, che invita a mettere da parte le polemiche. «Da 27 anni l’anniversario della strage di Capaci simboleggia l’unità della nazione nella lotta alle mafie e nella difesa della democrazia, della libertà e della legalità. Il 23 maggio si rende onore non solo a mio fratello Giovanni, a sua moglie Francesca Morvillo, a Paolo Borsellino e agli eroici agenti delle scorte, ma anche a tutti gli altri uomini e donne delle istituzioni che hanno sacrificato le loro vite per tutti noi. Il mio augurio è che nessuna polemica sporchi le celebrazioni in ricordo delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Niente deve incrinare – spiega – l’entusiasmo e la gioia delle migliaia di bambini e ragazzi delle scuole di tutta Italia che vengono a Palermo e che vivono questo appuntamento come il coronamento di un anno di studio e di impegno sui temi della legalità e della democrazia. Il 23 maggio è soprattutto per loro».

Posizione a cui si associa Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta di Falcone morto pure lui nel 1992: «Diamo a loro un esempio di unità nazionale».

E giovedì, ai 1.500 studenti che approdano a Palermo con la Nave della Legalità, si uniranno le voci e le iniziative di oltre 70.000 ragazzi che in tutta Italia parteciperanno alle iniziative contro le mafie. Di unità parla il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti: «Siamo tutti chiamati a lasciare da parte divisioni e polemiche, per dare un messaggio di unità e fermezza contro la criminalità organizzata».

La strage

L’attentato avvenne alle 17.56 di sabato 23 maggio 1992. Giovanni Falcone viaggiava sulla strada che unisce l’aeroporto di Palermo alla città quando, all’altezza dello svincolo di Capaci, 5 quintali di tritolo, azionati a distanza, esplosero facendo saltare in aria le tre vetture blindate del corteo che riportava a casa il magistrato per il weekend. Con Falcone morirono la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, 23 i feriti.

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