mercoledì 19 ottobre 2011
​Numeros le reazioni positive alla sentenza della Corte europea che martedì ha posto il divieto di brevetto per farmaci ottenuti con distruzione di embrioni umani. Il Centro di bioetica della Cattolica: nessun richiamo al progesso giustifica la distruzione della vita umana.
Il testo della sentenza | Il card. Sgreccia: «È vita dal concepimento» | Lo scienziato Vescovi: «Riprogrammare le cellule decisivo anche per l'industria» | La giurista Tallacchini: «Non è uno stop allo studio ma agli alti profitti sulla vita» | Il bioeticista Spagnolo: «Ribadite la dignità e la tutela dell'embrione»
Un ottimo esempio di Francesco D'Agostino 
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"Sull'inviolabilità dell'embrione umano la Corte di Giustizia europea ha stabilito un principio fondamentale nel rispetto di quello che dovrebbe essere un concetto etico alla base della ricerca". Lo ha detto Mario Mauro, capogruppo Pdl al Parlamento europeo, commentando la sentenza della Corte di Giustizia europea sul divieto di brevetto per medicinali ricavati da cellule staminali con procedimenti che comportano la distruzione degli embrioni umani. "La ricerca - ha aggiunto Mauro - deve essere sostenuta ma non possiamo dimenticare l'etica sulla quale questa deve essere basata".Sulla stessa linea l'europarlamentare Elisabetta Gardini (Pdl) membro della Commissione Ambiente, sicurezza alimentare e sanità pubblica, che ha definito "sentenza storica" quella della Corte che si è espressa sul caso del ricercatore Oliver Brustle che nel 1997 aveva brevettato un trattamento contro il Morbo di Parkinson basato su cellule staminali prelevate da embrioni allo stadio di blastocisti, ovvero a cinque giorni dalla fecondazione.   "La Corte di Giustizia - ha affermato Gardini - è andata oltre, dando la definizione di embrione umano che è tale dal momento della fecondazione e non dopo due settimane di vita come invece sosteneva il ricercatore tedesco". L'Osservatore Romano saluta la decisione della Corte Europea in difesa dell'embrione come un fatto positivo ed esprime l'auspicio che questo riconoscimento di diritti finora spesso ignorati possa trovare conferme anche in altri ambiti. "Speriamo soltanto che duri", scrive il professor Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica della Cattolica, che firma l'editoriale. L'articolo ricorda che "il principio di dignità umana della direttiva 98/44 che vieta l'uso di embrioni umani per scopi commerciali e industriali è un principio da applicare non solo a una persona umana adulta e a un neonato, ma anche al corpo umano fino dal suo primo stadio di sviluppo. Quindi anche le cosiddette cellule staminali embrionali che pure non sono in grado individualmente di produrre un essere umano completo".LA NOTA DEL CENTRO DI ATENEO DI BIOETICA DELL'UNIVERSITA' CATTOLICACosì scrive il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Adriano Pessina sulla recente sentenza della Corte di Giustizia Europea in merito ai brevetti con embrioni umani. "La Sentenza della Corte di Giustizia della Ue ha negato la possibilità di brevettare procedimenti che prevedano la distruzione degli embrioni umani. Il principio reso, così, esplicito ha una grande portata simbolica oltre che una conseguenza pratica: vietare lo sfruttamento industriale e commerciale di una scoperta scientifica, ottenuta al prezzo della distruzione della vita embrionale, significa ribadire che non contano soltanto i risultati che si possono raggiungere, ma che è decisivo come vengono raggiunti. Così come in una società democratica non si dovrebbe accettare di ottenere il benessere economico attraverso lo sfruttamento, la schiavitù, la violenza, allo stesso modo nell’epoca delle biotecnologie, dovremmo essere capaci di rifiutare, come ci insegna questa Sentenza, ipotetici risultati ottenuti tramite la distruzione dell’essere umano nella prima fase della sua esistenza. Quanto la decisione della Corte di Giustizia possa aiutare lo sviluppo di una più ampia riflessione sul dovere di tutelare sempre gli esseri umani allo stadio embrionale è forse troppo presto da dire e in ogni caso bisogna attendere la pubblicazione del testo integrale. Invece bisogna subito negare che essa tolga la speranza di cura ai malati o fermi la ricerca scientifica: è un’interpretazione decisamente fallace, perché fa credere che soltanto la ricerca sulle cellule staminali embrionali possa portare reali benefici sul fronte terapeutico. In realtà le vie della scienza sono molto più ampie e ormai da anni sono particolarmente promettenti le ricerche sulle cellule staminali non embrionali. Questa è l’occasione per riaprire una riflessione sulla necessità di governare lo sviluppo scientifico ed economico affinché non si presti alla strumentalizzazione e alla distruzione della vita umana in forza di un generico richiamo al progresso".
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