mercoledì 6 febbraio 2013
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«I voti vanno contati e pesati. Poi si fanno le valutazioni...». Mentre Monti scandaglia il Veneto zolla per zolla, da Roma il suo quartier generale sembra frenare ipotesi anticipate di alleanza con il centrosinistra. Per due motivi strategici. Il primo: l’obiettivo elettorale è incassare abbastanza seggi per andare da soli con il Pd, rendendo Vendola non influente. «Bersani dice che non lo molla? Allora si prenderà la responsabilità di mandare il Paese di nuovo al voto...», dicono gli sherpa del professore. Il secondo motivo: sino all’ultimo Monti vuole tenere le porte aperte ai «pidiellini deberlusconizzati», non perché abbia particolari speranze di convincerli a lasciare il Cavaliere dopo il voto, ma perché questo gli garantisce di parlare sino alla fine della campagna elettorale ai berlusconiani delusi.Solo dopo aver calcato fino in fondo questa road map Mario Monti sarebbe disposto a sedersi intorno a un tavolo anche con Nichi Vendola. «Ma solo per un programma chiaro e concordato di riforme economiche coraggiose, da realizzare anche con un timing definito», è il massimo che concedono gli uomini del premier. Mettendo in evidenza che punti qualificanti debbono essere «la riforma del lavoro» e la «produttività», altrimenti «è inutile anche parlarne». Visto poi dalla prospettiva di Bersani, il tema-alleanze è un groviglio da nevrosi. «Se non ci fosse stato Ingroia, il problema non si sarebbe posto in questi termini», dice una dirigente molto vicina al segretario. E invece ora aprire al centro è una necessità, oltre che una scelta.Sta di fatto che, in attesa di mettere a tema lavoro ed economia, si rincorrono voci su un’intesa di massima su giustizia e riforme istituzionali. Revisione delle prescrizioni, conflitto d’interesse, falso in bilancio, nuova legge anticorruzione, velocizzazione dei processi civili e penali. E ancora, sul fronte istituzionale: dimezzamento del numero dei Parlamentari, legge elettorale e ripresa quasi integrale della bozza Quagliariello-Zanda per superare il bicameralismo perfetto e dare più poteri al premier. «Ma questo è un terreno neutro, è facile essere d’accordo», ammettono i big di Pd e Scelta civica. Le distanze sono altrove.Non irrilevante, negli scenari che si configureranno, anche l’approccio ai temi etici. Il fatto che ieri Bersani abbia posto le unioni gay come punto di possibile frizione ha infastidito non poco il professore. «Questi temi – dicono i suoi più stretti collaboratori – non vanno strumentalizzati. D’accordo che lui deve inseguire Ingroia, ma il prossimo esecutivo deve occuparsi di crescita e lavoro. Il tema non sarà oggetto di trattative per la formazione del governo. La parola spetta solo al Parlamento».
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