martedì 23 aprile 2013
A Torino struttura a misura di ragazzi. Accanto all’edificio fresco di inaugurazione campi sportivi attrezzati con spogliatoi e gradinate. L’arcivescovo Nosiglia incoraggia i detenuti: «Avete la capacità per guardare avanti».
Il cappellano: «Il mio sogno: abbattere il pregiudizio»
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Martin, Luca, Cesar, Ahmed: sono nomi di fantasia ma corrispondono a quelli dei 26 giovani (italiani e stranieri tra peruviani, romeni, senegalesi, marocchini) detenuti al «Ferrante Aporti», il carcere minorile di Torino, per i quali ieri è stata inaugurata ufficialmente una nuova struttura detentiva, la prima in Italia riorganizzata secondo gli ultimi orientamenti per gli istituti di pena minorile. Sono ragazzi dai 16 ai 21 anni, numerosi italiani, con alle spalle storie di spaccio, rapine e altri reati più gravi ma a vederli, quando vengono fatti entrare nel grande salone pieno di autorità convenute per l’inaugurazione, potrebbero essere nostri figli o figli dei nostri vicini di casa. Pantaloni a vita bassa, codino, piercing, tatuaggi e bandana; altri semplicemente in tuta da ginnastica, tutti con la faccia spaurita di chi non sa cosa ti riserva il futuro. Ma appena stringi loro la mano, anche ai più spavaldi, gli occhi sorridono.Alla cerimonia, oltre al capo del dipartimento Giustizia Minorile Caterina Chinnici, al sindaco di Torino Piero Fassino, al Questore Antonino Cufalo, a don Virgilio Balducci, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane e alle altre autorità, il direttore del carcere, Gabriella Picco, ha invitato monsignor Cesare Nosiglia che aveva voluto due anni fa, il 9 marzo 2011, iniziare il cammino di Quaresima nel mercoledì delle Ceneri con i ragazzi del Ferrante. E proprio allora la direttrice aveva chiesto all’arcivescovo di tornare quando il cantiere della nuova struttura fosse terminato e monsignor Nosiglia l’aveva promesso ai giovani. L’arcivescovo ha tagliato il nastro dei nuovi locali e ha benedetto la nuova struttura e la cappella incoraggiando i ragazzi «a non mollare. Siamo qui per voi perché crediamo in voi – ha detto – nella vostra capacità di recuperare energie anche spirituali per cambiare e per riacquisire dignità, per guardare avanti».Il trasloco dalla storica struttura di corso Unione Sovietica, non più adeguata alle esigenze educative dei detenuti, è avvenuto nei giorni scorsi. La nuova palazzina – come ha illustrato Antonio Pappalardo, dirigente del centro per la giustizia minorile di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Massa Carrara – è dotata di un ampio piano terra per i servizi e ospita, oltre alla cappella, diverse grandi aule destinate alle attività scolastiche, formative, ricreative e culturali affacciate in una grande piazza coperta che sarà utilizzata per attività teatrali e ad altre manifestazioni di apertura e integrazione con il territorio. Al primo piano la «zona notte» dove sono state allestite quattro sezioni detentive da 11 posti letto ciascuna per una capienza massima di 45 ragazzi. La nuova struttura è molto luminosa con pareti in tinta pastello e si trova all’interno di un’ampia area attrezzata con un campo da calcio regolamentare, campo sportivo per basket e volley e un giardino. Il campo di calcio è stato attrezzato di gradinate per gli spettatori e di spogliatoi per le squadre ospiti per favorire l’organizzazione di partite di calcio di squadre esterne con i giovani detenuti.«La fine del cantiere iniziato nel 2010 e il trasloco – ha detto la direttrice del carcere – fa bene a tutti: ai ragazzi tuttora detenuti, al personale, ai volontari. La struttura non è tutto, soprattutto un carcere, luogo per antonomasia in cui non vorresti mai entrare. Ma se ci devi scontare una pena o lavorare, un luogo vivibile e "piacevole" può aiutare creare una mentalità di cambiamento o per lo meno favorevole al recupero. Crediamo che questi colori e questi spazi possano rendere più sopportabile la sofferenza che si portano dentro questi giovani, alcuni minori in attesa di processo, altri più grandi che stanno scontando una pena definitiva». I 26 giovani ospitati al Ferrante sono tra i circa 470 ragazzi e ragazze detenuti attualmente negli istituti di pena minorile italiani, solo il 3% dei minori che entrano nel circuito penale: per gli altri, fin dove si può, si attuano percorsi di recupero in comunità o presso strutture educative nel territorio.​
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