giovedì 27 ottobre 2016
Una lunga sequenza di scosse ha segnato la vita di generazioni di umbri e marchigiani. L'ultima ha distrutto la meravigliosa chiesetta di San Salvatore a Campi di Norcia
La chiesetta di San Salvatore prima del crollo

La chiesetta di San Salvatore prima del crollo

COMMENTA E CONDIVIDI

Ogni volta che “passa” un terremoto il nostro piccolo mondo antico all’improvviso, involontariamente, diventa il centro dell’universo. Un centro illusorio, solo perché illuminato dalle luci delle telecamere e dalla curiosità febbrile di chi l’ha scampata e vuole toccare con mano il terremoto, magari con un selfie fugace. Ma la realtà è solo quella drammatica di essere diventati l’epicentro del mondo. Da figlio dell’Umbria me li ricordo tutti i sismi degli ultimi trent’anni: Norcia 1979, Gubbio 1984. Quasi fosse una stagione calcistica, Colfiorito e Sellano 1997-’98. Umbria, Marche e Lazio (Amatrice tragicamente rasa al suolo) dello scorso agosto. E adesso questo triste mercoledì, per niente da leoni, semmai da pecorelle spaventate e indifese di Castelsantangelo di Nera. Tre nomi in uno, che rimandano ai colli laziali (Castelsantangelo), alla Valnerina (Umbria) e invece scopri che questo borgo, dimenticato o ignorato dai tanti, è nelle Marche, in provincia di Macerata.

Solite scene per le strade dei miei villaggi. Anziani spaventati «come quando da bambini eravamo sotto i bombardamenti», ricordano. La terra trema, anzi urla. «C’è sempre un boato che arriva dalle viscere e che ti avverte che sta per passare il terremoto». Gente come noi - i terremotati - ormai da vent’anni in qua parliamo per “magnitudo”. L’amico e collega piemontese (zona bianca, praticamente antisismica) si stupisce quando con mia madre, in lacrime e in preda a un comprensibile stress sismico («sono due mesi che non ci dà tregua», grida spaventata dal cellulare), ci diciamo: «Ma è stata del 5° o di 6,2 come dicono alla tv?».
Si vive nel dubbio, nell’attesa spaventosa che la terribile sensazione della terra che si sfila sotto i piedi possa tornare in ogni momento. Rivedi in un lampo di memoria la nuvola bianca che ammantava la Basilica di San Francesco inghiottendo la vita di quei poveri geometri che erano lì per il sopralluogo. Ora, assisti basito a un gioiello come la chiesa di San Salvatore a Campi di Norcia che si è sbriciolata come un biscotto ed è tornata ad essere polvere. Come polvere sono quelle centinaia di povere creature rimaste sotto le macerie dopo il terremoto del 27 agosto. Provi a piangere e a gridare aiuto, e pensi disperato che nessuno ti ascolta. Ma poi torna il sorriso e la speranza quando vedi che in fondo alla via sbarrata stanno arrivando tanti “angeli” vestiti con le casacche fosforescenti che ti tendono la mano e ti dicono: «Svegliati, l’incubo è finito». Ma è da tanto che vediamo tutto questo. E così prima di andare a dormire ogni notte mi sento come quel bambino di Serravalle del Chienti che a scuola, ricordando il suo “primo terremoto” sul tema scrisse: «Mi tremava anche il sogno…».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: