sabato 22 maggio 2021
Il segretario dem chiama il premier: telefonata, a tratti tesa, dopo la proposta sull’aumento della tassa per una dote ai 18enni. Il capo del governo: il metodo è quello della riforma fiscale
Mario Draghi con Enrico Letta in una foto d’archivio

Mario Draghi con Enrico Letta in una foto d’archivio - Ansa

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«Cordiale», «positivo », «lungo»: il colloquio tra il premier e il segretario del Pd sicuramente è necessario. Dopo la frenata decisamente secca di Mario Draghi alla proposta di Enrico Letta di una dote di 10mila euro ai 18enni meno abbienti da finanziare con l’aumento delle tasse di successione dei ricchi (con patrimoni oltre i 5 milioni), i due si chiariscono al telefono. A chiamare è il leader dem. Il presidente del Consiglio sa di aver offerto una sponda agli alleati-avversari (Salvini in testa) per colpire Letta, ma l’iniziativa ha colto di sorpresa l’inquilino di Palazzo Chigi, alla vigilia della complessa e più ampia riforma del fisco. L’ex presidente della Bce è rimasto spiazzato e ha fatto notare che esiste una «questione di metodo» al suo interlocutore, che pure difende a spada tratta l’iniziativa, per nulla estemporanea. Letta insiste sulla necessità di una redistribuzione: «In tutto il mondo si sta discutendo di come correggere gli squilibri economici accentuati dalla crisi pandemica».

Non si tratta, insomma, di un ragionamento da sinistra radicale, «ma la riduzione delle disuguaglianze è un obiettivo delle classi dirigenti dei Paesi occidentali», ragiona il segretario Pd. Di fatto, però, Letta ha detto «una cosa di sinistra», come chiedeva Nanni Moretti a D’Alema. Sicuramente una cosa che torna a definire lo schema dei perimetri antitetici dei due poli che oggi governano insieme. Una replica alle proposte di Salvini. Anche se Draghi non apprezza il clima da campagna elettorale permanente.

Letta però insiste. E al presidente del Consiglio che gli aveva risposto che oggi è il «momento di dare», spiega che proprio questo è lo scopo del progetto: dare alle giovani generazioni che finiranno per pagare il prezzo della crisi. Un’iniziativa «non estemporanea » che «nasce da un’intuizione di Fabrizio Barca, integrata e resa progressiva per i giovani del ceto medio e meno abbiente, contestualizzata nel libro 'Anima e cacciavite'», spiegano nello staff del Nazareno. E anzi, «per spiegare nel dettaglio la proposta e per ribattere alle critiche di tutti quelli che non vogliono che l’1% del Paese (di questo parliamo, per le eredità superiori ai 5milioni) aiuti i diciottenni», il segretario del Pd annuncia la sua presenza domani sera al programma 'Che tempo che fa'.

Ma se la telefonata con il premier (cui potrebbe seguire un incontro di persona la prossima settimana, non confermato) doveva almeno frenare le polemiche, Salvini non si fa sfuggire l’occasione: «Sono contento che Draghi abbia stoppato l’idea di mettere le mani in tasca agli italiani. Vedo però che Letta insiste, dice che non è stato capito... Anche noi vogliamo aiutare i giovani, ma senza massacrare i nonni».

Ed è proprio quello che volevano evitare in molti nel Pd: essere etichettati come il partito delle tasse. Dopo Andrea Marcucci, anche il governatore campano De Luca stigmatizza. Mentre la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani è certa che il tema possa essere discusso nell’ambito della «riforma del fisco». Ma per lo più nel Pd si approva l’idea. Da Zingaretti a Treu a Fassino, è un coro a favore.

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