giovedì 7 aprile 2016
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Aportare finalmente i riflettori sul referendum del 17 aprile, cosiddetto ''sulle trivelle', è stato un fatto estraneo, costituito da un’inchiesta giudiziaria che ha con il tema della consultazione un nesso minimo (l’essere cioè entrambi riferiti al settore delle estrazioni petrolifere). Ma il prossimo referendum merita di essere conosciuto e capito di per sé. L’oggetto è l’abrogazione delle parole di una recente legge che hanno trasformato a tempo indeterminato ('per la durata di vita utile del giacimento') talune concessioni sugli idrocarburi. Nell’ottica dei promotori, la circostanza che tali concessioni - già beneficiarie di una deroga al divieto generale di coltivazione di idrocarburi in zona di mare entro dodici miglia - siano sottoposte a un termine finale, incentiverà le imprese titolari a mantenere gli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale. Per contro, i fautori del no fanno valere soprattutto l’argomento della perdita di reddito e di lavoro che conseguirebbe alla scadenza delle concessioni e alla conseguente chiusura degli impianti. Come si vede, non si tratta di un referendum 'inutile': questa almeno la valutazione dell’Ufficio per il referendum della Cassazione, che ha trasferito il relativo quesito sulla nuova disciplina, introdotta nella legge di stabilità per il 2016. Se questa avesse già soddisfatto l’intenzione dei promotori, il referendum non avrebbe dovuto svolgersi. Quanto agli effetti di un’eventuale prevalenza dei sì, posto che gli impianti attuali andrebbero avanti fino a scadenza delle concessioni, ci si chiede se il futuro legislatore possa prevederne legittimamente la prorogabilità: propenderei per l’affermativa, poiché la volontà referendaria è quella di impedire la durata illimitata delle concessioni. Del resto, come affermò in Assemblea Costituente nel 1947 Costantino Mortati, il referendum è in sostanza una garanzia di libertà, in quanto può preservare da riforme non sentite o affrettate, ma non può certamente pregiudicare l’adozione di quelle che rispondano alla coscienza collettiva. Non mancano argomenti, dunque, né per il sì, né per il no. In generale, in tema di politiche energetiche, varrebbe la pena di tenere sempre presente l’esigente insegnamento della Laudato si’: «Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti - specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas -, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio». Papale papale. © RIPRODUZIONE RISERVATA pane e giustizia
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