giovedì 16 giugno 2022
La metà delle famiglie rinvia esami e visite per problemi economici Il Pnrr occasione per rifomare il servizio sanitario nazionale
Disuguale anche la salute nel post-pandemia
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La pandemia ha accentuato un processo che era già in atto rendendolo drammatico. L’ultima frontiera della povertà in Italia è quella sanitaria. Con una famiglia su due che rinuncia alle cure perché non può permettersele o per indisponibilità delle strutture sanitarie. La salute diventa un lusso di pochi ricchi, è la denuncia che arriva da Giuseppe Milanese, confermato presidente di Confcooperative-Sanità dall’assemblea che si è svolta a Roma, mentre il solco delle diseguaglianza si allarga. Ma c’è la possibilità, grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza di invertire la marcia e riscrivere il servizio sanitario nazionale alla luce dell’invecchiamento della popolazione e creando 100mila nuovi posti di lavoro. «Nel 2021 metà delle famiglie italiane hanno rinunciato a prestazioni sanitarie e cure per problemi economici, indisponibilità del servizio e inadeguatezza dell’offerta. E nel 13,9% dei casi le rinunce sono state rilevanti » ha sottolineato Milanese citando il bilancio di Welfare delle famiglie italiane fotografato dal Cerved. Il primo nodo da affrontare è quello degli ospedali che da soli non bastano.

A oltre quarant’anni dalla sua istituzione il Servizio sanitario nazionale sta vivendo una crisi senza precedenti. Il risultato è l’intasamento delle strutture ospedaliere dove un ricovero costa non meno di 700-800 euro al giorno. Con quella stessa cifra si potrebbero assistere, quotidianamente, dieci persone fuori dall’ospedale. Con 15-20 ore al mese di assistenza domiciliare si potrebbe rispondere alle necessità degli anziani e dare lavoro a tanti giovani. Il Pnrr è una straordinaria opportunità per riscrivere e riorganizzare la sanità. Non è una questione di spesa, ma di riorganizzare i servizi in un paese che cambia e che invecchia. Nel Rapporto Bes 2022 dell’Istat emerge come la metà degli anziani sia in cattive condizioni di salute. Gli over 75 sono oltre 7 milioni (erano circa 5,9 milioni nel 2010), pari all’11,9% del totale della popolazione. Quasi la metà ha tre o più patologie croniche o gravi limitazioni nel compiere le attività quotidiane. Tale quota è più elevata per chi vive nel Mezzogiorno (55,2% rispetto al 44,1% nel Nord e al 45,2% nel Centro) e tra le donne (52,4% rispetto al 40,9% tra gli uomini) e raggiunge il 59,4% tra le persone di 85 anni e più. Il ritardo nella gestione della non autosufficienza è enorme. I posti letto nelle strutture residenziali e semiresidenziali sono meno di 300mila, un quarto rispetto alla Germania e un terzo rispetto alla Francia. Anche in questo caso la spaccatura geografica del Paese è netta. Il 67% delle residenze sociosanitarie sono al Nord, solo l’8% al Sud, dove molti servizi di welfare vengono erogati direttamente dalle famiglie, ma non basta a far fronte alla domanda. «È su questi squilibri che dobbiamo intervenire. Non spendendo di più – è l’appello che Milanese fa alla politica – ma spendendo meglio». Per far sì che l’Italia non sia un Paese dove solo i ricchi hanno il diritto a curarsi e ad invecchiare bene.

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