mercoledì 26 settembre 2012
​Nuovamente interrotto il servizio di trasporto a chiamata per le persone con disabilità che vivono nella Capitale. Tanti i disagi per gli utenti: non tutti i taxi sono attrezzati per offrire questo servizio.
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​Nella telenovela che da settimane va in scena a Roma sul servizio di trasporto a chiamata per le persone con disabilità – prima saltato, poi ripristinato, ora nuovamente interrotto – ad andarci di mezzo sono gli utenti del servizio, oltre 300, per i quali è particolarmente difficile trovare la disponibilità dell’unico servizio alternativo indicato dal Comune, quello del servizio “taxi accessibili”. Anzi, come denuncia una donna disabile che da oltre dieci anni utilizza il servizio di trasporto a chiamata per recarsi quotidiamente al lavoro, quella del “taxi accessibile” è «nient’altro che un’ulteriore presa per i fondelli».La vicenda è nota da tempo: il servizio di trasporto per le persone con disabilità è svolto dalla ditta Falaschi per conto dell’Atac (Azienda di trasporto locale) che ha annunciato nelle scorse settimane, dopo le prime proteste degli autisti senza stipendio da quattro mesi, di aver versato interamente alla ditta il corrispettivo per il servizio svolto. Agli autisti, però, è finora arrivata solo una delle quattro mensilità arretrate, e dopo alcuni giorni di servizio regolare la protesta è ora ripresa. Atac ha alzato i toni, annunciando di riservarsi «ogni azione nei confronti dell'appaltatore a tutela della continuità di un servizio così delicato e socialmente utile» e ricordando agli utenti l’alternativa dei taxi accessibile: l’utente prenota direttamente la corsa e la effettua senza bisogno di pagarla (al pagamento provvederà poi il Comune secondo gli accordi presi con le varie aziende).Il problema però è che di taxi accessibili in giro ce ne sono pochi. La signora Aldina si muove su una sedia a rotelle che non è chiudibile: in pratica, deve salire sul taxi direttamente con la propria sedia, e c’è dunque bisogno di una vettura attrezzata con pedana e spazio interno sufficientemente ampio. «Ieri, come mi è stato suggerito dal call center comunale – racconta – ho chiamato il 3570 per informarmi sulla possibilità di avere un taxi accessibile con pedana per recarmi al lavoro questa mattina».Dopo aver lasciato orario e indirizzo, l'operatore ha provato a fare una ricerca sulla disponibilità di un mezzo adatto alle sue esigenze. «Ma dopo mezz’ora mi ha richiamato dicendomi che i taxi accessibili sono pochi e che non hanno la possibilità di soddisfare la mia richiesta - spiega -. Non mi sono arresa e ho chiamato la Cooperativa di Taxi Samarcanda, che mi ha risposto di non avere mezzi attrezzati con pedana. Stessa risposta anche dal 6645: non hanno mezzi attrezzati». L'estrema ratio, per Aldina, sarebbe quella di raggiungere la più vicina fermata dell'autobus e prendere i mezzi pubblici. «Ma non posso farlo perché la linea che passa nel mio quartiere non è accessibile per le sedie a ruote ed anche i mezzi potenzialmente accessibili, comunque, al 90% hanno la pedana fuori uso».«Non ritengo – ragiona la donna - che il trattamento riservato a noi persone disabili sia un trattamento “alla pari” con le persone “normodotate” che possono chiamare una centrale taxi e dopo cinque minuti hanno un taxi sotto casa per andare dove vogliono». Certo, «nel maggio scorso una sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato il Campidoglio per condotta discriminatoria in merito all’accesso ai mezzi di trasporto pubblico di un disabile su sedia a ruote», ma perché «dobbiamo ricorrere tutti al Giudice per affermare il nostro diritto di esistere e vivere dignitosamente? Anche per noi persone disabili il lavoro è essenziale per poter vivere ed in una società civile non ci può essere negata anche la possibilità di raggiungere il posto di lavoro che ci siamo faticosamente conquistato!».
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