Di Maio si fa un selfie con il fiacchetto rosso della nuova norma "Codice Rosso" contro la violenza sulle donne (Ansa)
«Massima trasparenza». Luigi Di Maio prova a mettere la parola fine alla vicenda dei lavoratori in nero nell’azienda di suo padre e pubblica alcune carte che dovrebbero scagionarlo dall’accusa più dolente: quella secondo cui lui stesso potesse aver lavorato in modo irregolare nell’impresa del genitore dieci anni fa.
«Oggi pubblico i documenti che dimostrano l’assunzione nell’azienda di mio padre e le relative buste paga per il periodo di lavoro». Glielo avevano chiesto gli inviati de «Le Iene», i primi a sollevare il dubbio sulla regolarità dei periodi svolti dall’attuale vicepremier come «muratore» all’Ardima, la ditta familiare. Il ministro del Lavoro ha postato sul blog del M5s le carte. Il contratto è a tempo determinato, da febbraio a maggio 2008. Manca l’estratto conto contributivo gli contesta il Pd che intende ora portare la vicenda in Parlamento.
Con un’interrogazione sottoscritta da tutti i deputati, i dem hanno infatti chiesto al ministro Di Maio se «intenda rendere pubblica l’intera documentazione inerente al suo rapporto di lavoro con la Ardima» e chiarire anche «se dal 2008 al 2013 sia stato percettore di trattamenti di indennità di disoccupazione». Anche il sindacato scende in campo: per la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, «il ministro del Lavoro ha il dovere istituzionale di mandare gli ispettori a verificare la situazione perché solo su quella base potranno essere dati giudizi».
Di Maio spiega che ha pubblicato i documenti «immediatamente reperibili » ma promette che pubblicherà «anche gli altri richiesti, non appena ultimate tutte le verifiche necessarie» ma ci tiene a sottolineare che la sua «quota di partecipazione senza funzioni di amministratore o sindaco nella società Ardima sia sempre stata regolarmente dichiarata a partire dal 2014. Il M5s fa quadrato attorno a lui con tutti i big che lo difendono mentre non si placa la polemica con il Pd. Soprattutto non si ferma il battibecco tra Alessandro Di Battista e Maria Elena Boschi.