martedì 17 dicembre 2019
Il titolare della Farnesina ha incontrato a Tripoli Sarraj e Haftar e ammette il momento difficile. «Il nostro Paese avrà un inviato»
Di Maio in Libia: «L'Italia ha perso ruolo»
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L'Italia «ha perso terreno in Libia, non possiamo negarlo. Ma ora deve riprendersi il ruolo naturale di principale interlocutore, da sempre amico del popolo libico». È la convinzione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, di rientro in serata a Roma da una missione-lampo a Tripoli, Bengasi e Tobruk, dove ha incontrato protagonisti e comprimari di peso della crisi libica, a partire dal premier del governo tripolino Fayez al-Sarraj e dal suo agguerrito sfidante, il generale Khalifa Haftar. «Con Sarraj ci sentiremo in queste ore per aggiornarci sull’esito di tutta la missione – riassume Di Maio –. E con Haftar ci vedremo nelle prossime settimane a Roma». Il ministro (primo esponente di governo a tornare nel Paese in guerra dopo il viaggio di Conte un anno fa) lavora «a una seconda missione in Libia, magari a guida europea», con la presenza del nuovo Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell. Inoltre, l’esecutivo pensa a una nuova figura di mediatore: «Abbiamo deciso nel vertice di governo che l’Italia istituirà un inviato speciale per la Libia che risponderà direttamente alla Farnesina, per poter avere un rapporto politico di alto livello e continuo con tutte le parti libiche».

Verso il summit di Berlino. A tutti gli interlocutori Di Maio ha manifestato la preoccupazione dell’Europa e la richiesta di abbassare le armi e tornare a una «soluzione non militare» del conflitto, come chiede una dichiarazione comune Berlino-Parigi-Roma. A Tripoli, al premier Sarraj, il ministro ha ribadito che Roma «appoggia gli sforzi dell’inviato delle Nazioni Unite Ghassam Salamé per il ritorno a un processo politico». In quest’ottica, sarà fondamentale l’appuntamento della conferenza di Berlino in programma a gennaio. L’auspicio delle cancellerie europee è che non si risolva in una parata di buone intenzioni.

Mosca, Ankara e Il Cairo. Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, in un colloquio telefonico, hanno espresso sostegno agli sforzi dell’Onu e alla conferenza di Berlino. A parole, Russia e Turchia sembrano voler appoggiare la ripresa di un dialogo, ma nei fatti danno supporto sul terreno a Haftar e Sarraj, forse col progetto di “spartirsi” poi la Libia, come avvenuto per la Siria. Mentre il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, schierato a fianco del generale Haftar, avverte Erdogan, dicendo che non consentirà che in Libia si crei uno «Stato delle milizie o di formazioni estremiste e terroriste».

Scontro in atto. Contro Ankara si scaglia Ahmed al-Mismari, portavoce dell’Esercito nazionale libico (comandato da Haftar), denunciando che «le milizie hanno fatto ricorso a gruppi turchi e a un’unità di artiglieria turca nella zona delle torri di Mitiga». Dal canto suo, Sarraj ribadisce che «l’unità del territorio libico e il rafforzamento della sovranità nazionale» non possono essere messe in discussione, né da Haftar né da altri. Tuttavia l’uomo forte della Cirenaica contrattacca militarmente e con la propaganda, asserendo che Tripoli sia ostaggio di «milizie e terroristi». Per cercare una mediazione, Di Maio lo ha raggiunto nel suo quartier generale di Bengasi, protetto da un “salvacondotto” politico, visto che l’Italia (pur appoggiando Tripoli) ha comunque sempre mantenuto contatti pure col generale. Poi ha visto a Tobruk Aguila Saleh, braccio politico di Haftar e presidente della Camera dei rappresentanti. Quale sarà il punto di caduta della mediazione italiana? È presto per dirlo. Il tentativo perseguito da Di Maio (e salutato con favore dal resto dell’esecutivo, compresi i ministri del Pd) è di provare a ricucire la tela di un dialogo che le cancellerie europee parevano aver impostato un anno fa, dopo i summit di Parigi e Palermo, e che invece ad aprile è stata lacerata dall’offensiva di Haftar.

Tre morti a Sirte. Dopo Misurata, altre otto città dell’ovest si sono mobilitate «per una grande operazione» contro Haftar. Le milizie contrapposte si fronteggiano a sud di Tripoli, mentre i droni del generale ieri hanno ucciso 3 militari a Sirte.

Voli umanitari. Oggi un C-130 dell’Aeronautica militare è atterrato all’aeroporto romano di Ciampino con 5 bambini provenienti da Bengasi e «affetti da gravi patologie ematologiche». Andranno in cura presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ad accoglierli, la viceministra degli Esteri Marina Sereni (Pd): «È il secondo arrivo, ne seguiranno altri».

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