giovedì 9 settembre 2010
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La deputata finiana Angela Napoli non si sente di escludere che alcune senatrici o deputate possano essere state elette dopo essersi prostituite. Parole pesanti - affidate a una risposta al giornalista Klaus Davi - che riaprono la polemica sulle veline candidate, provocano la reazione indignata di molte colleghe parlamentari del Pdl. E che mettono in imbarazzo Gianfranco Fini, il quale chiede all’esponente di Futuro e libertà una repentina marcia indietro. Non si può, argomenta, «ledere la dignità delle deputate con accuse generalizzate quanto teoriche e quindi indimostrabili». Le scuse ci sono, ma a mezza bocca. «È il velinismo che ruota intorno al premier a offendere le donne. Non certo io. Avrei voluto poter dire: lo escludo. Ma non si può farlo», dice la Napoli.Eppure gran parte dell’intervista al programma via web Klauscondicio, realizzato dal massmediologo milanese, sembrava incanalarsi sulla materia specifica di cui la componente della Commissione Antimafia è esperta: la ’ndrangheta. Con denunce di infiltrazioni nelle liste regionali del Pdl lombardo, che assai meno scalpore hanno provocato. Appena una dichiarazione della capogruppo Pd in commissione, Laura Garavini. Se ne dice sorpresa la stessa Napoli. L’attenzione si è, infatti, concentrata sulla sua richiesta di cambiare la legge elettorale, chiamata Porcellum (ma non per i motivi evocati dalla deputata finiana). Perché, ha spiegato, «è chiaro che, essendo nominati, se non si punta sulla scelta meritocratica, la donna spesso è costretta, per avere una determinata posizione in lista, anche a prostituirsi o comunque ad assecondare quelle che sono le volontà del padrone di turno». Altro che dibattito su uninominale, doppio turno, clausole di sbarramento. Si ritorna al Sultanato, evocato tempo fa da un libro di Giovanni Sartori, peraltro noto esperto di sistemi elettorali.Insorge il Pdl. Una voce maschile arriva dal senatore Lucio Malan che definisce quelle della Napoli «parole deliranti». Ma le più inviperite reazioni sono quelle della metà "rosa" del cielo pidiellino che chiede le scuse e l’intervento di Fini. Melania Rizzoli arriva a minacciare una querela da affidare, non a caso, alla finiana Giulia Bongiorno. «Parole di una gravità inaudita, che squalificano pesantemente chi le ha pronunciate», sbotta la responsabile del Dipartimento Pari opportunità Barbara Saltamartini. Attacco «squallido e infamante» per Beatrice Lorenzin. «La grande maggioranza di noi ha una lunga esperienza nelle istituzioni locali e nel mondo produttivo», ricorda Laura Bianconi. Si fanno sentire due battagliere esponenti dell’ala destra. Parla di «assoluto vuoto nella proposta politica» di Fli il sottosegretario Daniela Santanchè. Mentre Alessandra Mussolini chiede la convocazione immediata dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio per «i provvedimenti del caso».Chiara l’impasse per Fini, chiamato in causa sia nella veste di presidente della Camera, sia di capo partito. E certo non per le questioni che tengono l’Italia con il fiato sospeso. Il Fini istituzionale risponde alla Napoli invocando «il rispetto del Parlamento» e «la considerazione che si deve avere per tante donne che al pari dei colleghi di genere maschile, fanno politica con passione e disinteresse». Il leader del Fli deve registrare il malumore tra le sue stesse file. Area Nazionale, associazione di Roberto Menia e Silvano Moffa, ribadisce di non voler né «partecipare a questa sorta di faida di Scampia del centrodestra italiano», né scendere «a livelli non solo volgari, ma anche patetici e controproducenti». Flavia Perina, direttore del Secolo, cerca di rimediare attaccando Davi, «che dà visibilità alla sua trasmissione confondendo abitualmente i temi della sessualità e della politica». Ma la frittata è fatta. L’opposizione non ci aggiunge molte uova. Patrizia Bugnano (Idv) e Vittoria Franco (Pd) si limitano a puntare il dito contro la legge elettorale. Tutta colpa del sistema. Notoriamente maschile.
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