giovedì 23 luglio 2015
​"I falsi scoop non possono decidere le sorti dei governi. Non posso dimettermi". Il governatore della Sicilia nega ogni accusa e la veridicità dell'intercettazione del "caso Borsellino", ma punta il dito contro mafia e poteri forti.
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"I falsi scoop non possono decidere le sorti dei governi. Non posso dimettermi". È un Rosario Crocetta d'attacco, duro e determinato, quello che si presenta all'Assemblea regionale siciliana. Respinge le accuse, nega la telefonata in cui il suo medico personale Matteo Tutino gli dice che l'assessore Lucia Borsellino andrebbe eliminata come suo padre, afferma di essere vittima di una manovra con protagonisti poteri forti, sostiene che la Regiona Sicilia dovrebbe chiedere i danni per il "falso scoop". E, soprattutto, non si dimette. "A tutti è evidente che quella intercettazione non c'è e una bufala non può determinare i passaggi della politica - sostiene con forza il governatore della Sicilia -. Gli uomini delle istituzioni dovrebbero pronunciarsi solo in presenza di fatti accertati e conclamati. In questo Paese si deve decidere se la bufala cattiva di un giornale debba essere la verità o se sia vero quello che accerta la magistratura. Non posso dimettermi. Io non sono attaccato nè a poltrone nè a carriere future, ma devo difendere il mio onore. Ho subito attacchi di fuoco amico e avversario e insospettabile solidarietà. La deriva populista e demagogica che c'è alla base di questa vicenda per me è irricevibile: è sciacallaggio che non posso tollerare, per tutelare non solo me, ma tutti noi". Spiega Crocetta di avere vissuto in questi giorni "i momenti più terribili della mia vita. È come se avessi visto un film nel quale l'attacco alla regione diventa l'attacco alle istituzioni e all'intero popolo siciliano. Mi sono sentito come un lebbroso, vergognandomi di affacciarmi dal balcone di casa per non percepire uno sguardo ostile o un insulto. Visto come complice silente di un attentato ad un membro della famiglia Borsellino. Tutto questo è intollerabile". "Al mio onore non posso rinunciare - continua, inesorabile, Crocetta -, sono felice che tante Procure siciliane abbiano smentito le false accuse. Il mio silenzio e le mie eventuali dimissioni sarebbero interpretate come una ammissione di colpa, quindi ho deciso di riprendermi il diritto alla parola". Non solo: per Crocetta, dietro agli attacchi contro di lui c'è "il vero cerchio magico - ha detto davanti all'Assemblea regionale - quello degli affari che a volte collude con la massoneria e con la mafia che non è più stragista ma intarsiata nella cose della Regione".Secondo il governatore siciliano "Cosa nostra sa sapientemente orchestrare i giochi che contano utilizzando, in molti casi senza la consapevolezza degli utilizzati, tutti gli strumenti". "In una testimonianza resa nell'aprile del 2014 presso il Tribunale di Firenze da parte di un collaboratore di giustizia - ha detto il governatore - quel collaboratore dichiarò che esisteva un progetto per eliminare Crocetta che è un condannato a morte. Quella sentenza di morte non può essere revocata perché emanata fin dal 2005 quando Crocetta licenziò la moglie del boss Emmanuello. Non può essere revocata perché chi l'ha emessa è morto nel dicembre del 2008, quando il boss morì in un conflitto a fuoco con la polizia e quando i familiari del boss scrissero che il mandante della morte di Daniele Emmanuello era il sindaco Crocetta". "Lo stesso collaboratore dice - ha aggiunto - che 'nei confronti di Crocetta bisognava attuare una campagna denigratoria e quando non avrebbe più avuto incarichi istituzionali, e sarebbe stato senza scorta, lo si doveva uccidere nel corso di un finto incidente, in modo tale che non morisse da eroe antimafia". Poi la stoccata: "Credo che bisognerà valutare anche una possibile azione di risarcimento miliardario per il danno creato alla Sicilia. Il danno di immagine e l'azione destabilizzatrice possono produrre sia abbassamento del rating, sia il ritiro degli investitori e soprattutto un danno all'immagine di tutto il popolo siciliano". Crocetta ha già chiesto 10 milioni all'Espresso per la pubblicazione dell'intercettazione smentita dalle procure siciliane. "Io non credo - ha concluso Crocetta - che questo sia il momento di fuggire, neppure è il momento di resistere, ma quello della ribellione contro tutti coloro che continuano a coltivare un'idea terribile della Sicilia, abbiamo delle responsabilità tutti quanti nei confronti della Sicilia". Adesso la palla, nella partita che si gioca nel palazzo della Regione Sicilia, passa ai partiti politici.
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