mercoledì 5 gennaio 2022
Le proposte delle Regioni. «Con 3 contagi scatti la Dad». Presidi preoccupati. Si va verso la revisione del protocollo della quarantena, che sarà diverso a seconda dell’età degli alunni
La pandemia ha inciso fortemente sulla didattica, creando problemi di non facile soluzione

La pandemia ha inciso fortemente sulla didattica, creando problemi di non facile soluzione - Ansa

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Quarantena variabile a seconda del numero di contagi per classe e del grado scolastico e sospensione di alcune attività considerate “a rischio”. L’ultima bozza della “Proposta di rimodulazione della gestione dei contatti scolastici nei contesti ad elevata incidenza”, presentata ieri dalla Conferenza delle Regioni, prevede che nelle scuole dell’infanzia la quarantena, con sospensione della frequenza, scatti per tutti in presenza di un solo caso positivo. Per le scuole elementari e medie (fino al 12 anni), la didattica a distanza (di sette giorni con test antigenico o molecolare effettuato tra il quinto e il settimo giorno), scatta, invece, dai 2 casi in su. In presenza di un solo caso, «i contatti – si legge nel documento delle Regioni – restano in classe in autosorveglianza con raccomandazione di astenersi dalla frequentazione di ambienti differenti dalla scuola, senza testing».

Per quanto riguarda, infine, le scuole medie (dai 12 anni in su) e le superiori, fino a due casi di positività si resta a scuola in “autosorveglianza”, mentre con tre casi o più scatta la quarantena di sette giorni con test tra il quinto e settimo giorno.

Inoltre, le Regioni chiedono di «evitare la ripresa delle attività di educazione fisica, canto e utilizzo di strumenti a fiato», di «verificare la correttezza del consumo dei pasti in mensa», di «promuovere un maggior utilizzo della mascherina Ffp2», già obbligatoria per il personale scolastico e di «avere attenzione a garantire una corretta aerazione delle aule».

Intanto, in vista del Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, che dovrà decidere sulle modalità di rientro in classe, anche ieri si sono susseguiti gli incontri tra esponenti del governo. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, con il commissario all’emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, ha visto i ministri della Salute e dell’Istruzione, Roberto Speranza e Patrizio Bianchi. La sintesi delle proposte pervenute, compresa quella delle Regioni, sarà al centro della riunione di oggi.

All’ordine del giorno, confermano fonti dell’Istruzione, non ci sarà comunque alcuna ipotesi di slittamento della ripresa delle lezioni, che resta fissata tra il 7 e il 10 gennaio. Un appuntamento rispetto a cui, però, il presidente del Veneto, Luca Zaia, chiede garanzie: «Tifiamo – ha detto in conferenza stampa – perché la scuola apra, ma deve essere la comunità scientifica a certificare la possibilità. Faccio appello agli esperti e al Cts perché entro questa settimana ci dicano se dal 10 gennaio si riaprono scuole, e per chi».

«Preoccupazione» per la ripresa è espressa dal presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, che ieri ha incontrato il ministro Bianchi con i sindacati della scuola. «Al Ministro abbiamo ribadito che crediamo fermamente nella maggior efficacia della didattica in presenza rispetto a quella a distanza – ricorda Giannelli –. Ma, proprio per questo, non sosteniamo acriticamente la retorica della “scuola in presenza” a tutti i costi. Il rischio concreto è quello di riprendere le attività didattiche in presenza senza i supporti necessari per fronteggiare un contesto pandemico sempre più difficile per la gestione del servizio».

Per i dirigenti scolastici, una ripresa in sicurezza passa necessariamente da una revisione profonda del protocollo delle quarantene. «Dubito che già dal 7 gennaio le scuole potranno avvalersi del supporto delle Asl per gestire la messa in quarantena secondo le nuove disposizioni, visto che questo non è successo quando il numero di contagi era molto inferiore a quello determinato dalla variante Omicron», ammonisce Giannelli.

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