venerdì 17 dicembre 2021
Al centro del vertice europeo il caso dell’Italia e degli altri Paesi che hanno accelerato sulle "protezioni" dagli Stati esteri: serve coordinamento. Ma le misure restano
(Da sinistra) Davide Sassoli, presidente del Parlamento europeo, Janez Jansa, presidente uscente del Consiglio europeo, e Ursula von der Leyen

(Da sinistra) Davide Sassoli, presidente del Parlamento europeo, Janez Jansa, presidente uscente del Consiglio europeo, e Ursula von der Leyen - Reuters

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Accelerare le vaccinazioni e terze dosi, evitare misure individuali che ostacolino la libera circolazione, una validità comune per il Green Pass Ue. I 27 leader all’ultimo Consiglio Europeo del 2021, di fronte al nuovo peggioramento dell’epidemia con lo spettro della variante Omicron, cercano di ritrovare una qualche linea comune, anche se sullo sfondo rimangono le divergenze. Con malcelata irritazione verso l’Italia che ha reintrodotto i tamponi per i vaccinati provenienti da oltreconfine, ma anche con gli altri Stati che hanno fatto scelte individuali analoghe senza accordarsi (Portogallo, Irlanda, Grecia, cui si è aggiunta la Francia che ieri ha chiuso le frontiere con il Regno Unito), con il timore che la Babele delle misure nazionali si allarghi.

«Molti leader – ha riferito un funzionario Ue – si sono concentrati sulla validità dei certificati Covid e l’importanza di un approccio coerente e coordinato al momento di adottare misure nazionali». Ieri, almeno, Atene ha precisato e limitato l’obbligo di test anche per vaccinati, in vigore da domenica prossima: sarà applicato, ha spiegato il premier Kyriakos Mitsotakis, solo durante il periodo natalizio.

«Se ogni Paese si rimette di nuovo a fare cose per conto proprio – è sbottato il premier belga Alexander De Croo – tutto diventerà più difficile. Dobbiamo impegnarci ad avere lo stesso approccio in tutta l’Unione». «Se ora torniamo alle regole nazionali individuali – ha attaccato anche l’omologo lussemburghese Xavier Bettel alludendo al caos del 2020 – come convinceremo la gente a farsi vaccinare? È un’idea sbagliata non fare differenze tra vaccinati e non vaccinati chiedendo a tutti un tampone».

Umori che in qualche modo si rispecchiano nelle conclusioni del vertice (approvate all’unanimità): «Sono necessari - si legge - ulteriori sforzi coordinati per rispondere agli sviluppi, basati sulle migliori prove scientifiche, assicurando al contempo che ogni restrizione sia basata su criteri obiettivi e non mini il funzionamento del mercato interno e ostacoli in modo sproporzionato la libera circolazione tra Stati membri o i viaggi dentro l’Ue». Quanto specificamente al certificato digitale Covid Ue, i leader sottolineano «l’importanza di un approccio coordinato sulla validità» del documento. La Commissione, che ha da poco presentato una proposta per ridurne la validità da 12 a 9 mesi, ieri ha fatto sapere che presenterà già nei prossimi giorni un atto delegato per accelerare l’iter di approvazione.

L’altro punto essenziale resta l’urgenza di allargare l’immunizzazione. Urge «attuare le campagne di vaccinazione per tutti i cittadini - si legge nelle conclusioni del vertice - ed è cruciale e urgente effettuare i booster (le terze dosi, ndr)», combattendo anche la disinformazione. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, durante l’incontro con i leader, ha comunque rassicurato su un punto: l’Ue ha ormai la capacità di produrre 300 milioni di dosi di vaccini al mese, che basteranno anche per l’immunizzazione dei minori.

L’Ema, intanto, ha annunciato che il 20 dicembre deciderà sull’autorizzazione (più che probabile) di un quinto siero, il Novavax (Usa), mentre ieri ha approvato nuovi siti produttivi per i vaccini già autorizzati. Durante la discussione alcuni leader hanno sollevato anche la questione dell’obbligo vaccinale, deciso già dall’Austria, ma le posizioni sono molto diverse e non vi è un riferimento nel testo finale.

C’è infine la questione della cooperazione internazionale, soprattutto per aumentare il tasso di vaccinazioni anzitutto in Africa. Nel testo si afferma che «l’Ue è il maggior donatore ed esportatore del mondo» di questi farmaci, ricordando che «la pandemia sarà superata solo attraverso una cooperazione globale basata sulla fiducia e l’assistenza reciproca». Secondo Von der Leyen, l’Ue ha esportato in totale 1,4 miliardi di dosi (di cui 377,9 milioni donate).

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