martedì 24 settembre 2013
​Interviene l'Ente nazionale per la protezione dei sordi: Comune e Provincia devono agire subito.

NAPOLI Bimbo autistico in classe, i genitori ritirano i figli
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Tre bambini sordi vogliono andare a scuola, stare in classe, sentirsi come i loro coetanei. Hanno però bisogno di assistenti che traducano le parole dell’insegnante. Ma nessun ente vuole farsi carico del problema sostenendo, con tanto di pareri legali, la propria incompetenza e tantomeno accollarsi i 7-8mila euro all’anno di spese per lo specialista. Intanto i disabili continuano a frequentare l’uno l’asilo nido, l’altro le elementari e il terzo le medie senza alcuna assistenza. Il caso è stato segnalato alla onlus Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi dai genitori. Tra l’altro due delle coppie sono sordomute, quindi la frequenza scolastica per i figli è ancora più importante. Secondo la sezione provinciale della onlus il Comune di Cosenza deve garantire il pagamento degli assistenti nelle scuole inferiori, mentre alle superiori spetta alla Provincia. La quale, racconta Teresa Colonna dell’ente nazionale, fa la sua parte per quanto riguarda gli studenti iscritti alle scuole di propria competenza. Gli assistenti sono mediatori tra il prof e i ragazzi, quindi entrano in gioco anche con alunni autistici o con altri problemi di comunicazione e spesso lavorano al fianco dei docenti di sostegno. Ma per i tre bambini sordi, sottolinea l’Ente nazionale, «l’assistente alla comunicazione rappresenta l’unica possibilità di andare a scuola, studiare e farsi un’istruzione. Se sarà negata loro l’assistenza scolastica, gli sarà negato il diritto primario e costituzionale all’istruzione». La mamma della bimba iscritta alla seconda media denuncia: «Già da qualche anno provo inutilmente a ottenere l’assistente per mia figlia». Ora sembra aprirsi qualche spiraglio, l’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi cita l’articolo 139 del decreto legislativo 112/98 che distribuisce tra Province e Comuni una serie di compiti e funzioni. Tra cui «i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazioni di svantaggio» e soprattutto «azioni tese a realizzare le pari opportunità di istruzione».Ma il Comune ha declinato le responsabilità ritenendo che la materia sia disciplinata da una legge regionale del 2002 e non dal decreto legislativo del ’98, a causa della modifica del titolo V della Costituzione. Ma l’assessore competente sta comunque cercando di risolvere il problema. Anzitutto chiedendo alla Regione di sanare il contenzioso con una legge che risolva il caso dei tre bambini sordi ed eviti che si ripeta in futuro.
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