sabato 10 gennaio 2015
​Ricostruito il viaggio dei profughi siriani: nel porto turco di Mérsin le navi seguono precise strategie per imbarcare i migranti e mimetizzarsi tra i cargo in un'area tra le più trafficate del Mediterraneo di Nello Scavo
«Così i trafficanti ci hanno ingannato»
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Le banchine coperte da uno strato di ghiaccio ieri hanno reso difficile il lavoro degli scaricatori impegnati nell’andirivieni di centinaia di container. Ma il gelo di questa settimana non ferma le attività della dozzina di navi ormeggiate a Mérsin. Non è uno scalo come gli altri, ma un porto franco che beneficia di agevolazioni fiscali e vantaggi sulle importazioni. Impossibile tenere il conto di uomini e merci in transito. A meno di non usare un’applicazione informatica che tiene d’occhio il passaggio delle navi. Da alcuni giorni, però, a Mérsin si vive una realtà sdoppiata: quella reale e quella dei radar navali dei cosiddetti Ais, il sistema di identificazione automatico a bordo di ogni natante. Il calendario ieri prevedeva circa 40 arrivi, tra portacontainer, cargo, un paio di fregate della marina turca e il solito viavai di bastimenti. Eppure gli apparati Ais non hanno rilevato che mezza dozzina di natanti. In altre parole, intorno al porto molti equipaggi spengono il trasponder per impedire di tracciare la propria posizione. Non è una procedura usuale, ma da quando è stata elevata l’allerta delle capitanerie di Grecia, Malta e Italia sulle navi che fanno scalo nel porto turco, gli armatori più spregiudicati non vogliono grane. Temono i controlli a bordo o di giustificare ogni variazione alla rotta. Così prevedere dentro a quali cargo potrebbero essere stati nascosti i migranti diventa un’impresa. Una volta da qui passava la Via della Seta. Ma oggi l’oro di Mersin è di un’altra foggia. Lo status di zona franca assicura alla città seimila attracchi all’anno. Adiacente al porto dal 1986 sorge l’area tax free colonizzata da faccendieri provenienti da Europa, Russia, Medio Oriente, Nordafrica e Asia Centrale, protagonisti di un giro d’affari stimato in circa 100 miliardi di dollari all’anno, quando il Pil turco sfiora gli 820 miliardi.  I due principali portali per il controllo via internet degli Ais, per tutta la giornata di ieri hanno registrato pochi passaggi. 'Marine Traffic' e 'Vessel Finder' sono i più accurati 'registratori di rotte'. Grazie alle loro mappe è stato possibile scoprire i diversivi messi in atto dagli ultimi due mercantili arrivati in Italia: la portacontainer 'Blue Sky M', con quasi 900 profughi, e il cargo bestiame 'Ezadeen', che nella stiva progettata per gli animali da macellazione portava oltre 500 persone. Entrambe hanno compiuto manovre al largo di Mérsin. La 'Blue Sky M', secondo quanto registrato dall’Ais, per circa una settimana è andata avanti e indietro, virando a dritta e a manca nel tratto di mare tra la Turchia e Cipro. Probabilmente, sostiene la Guardia costiera italiana, per dare il tempo ai battelli d’appoggio di trasportare i migranti a piccoli gruppi, caricandoli dalle calette meno in vista. Anche la Ezadeen ha compiuto lo stesso genere di operazioni. Doveva essere un modo per non suscitare sospetti, ma adesso che è stato scoperto, la 'flotta dei profughi' ha deciso di rendersi meno visibile, fino a ridosso delle coste europee. Una ricostruzione che coincide con quanto dichiarato da alcuni profughi ai funzionari dell’Onu e alla magistratura in Italia. Mohammad, che ad Aleppo studiava da odontotecnico, ha raccontato che 10 giorni prima «ci hanno detto che era venuto il momento del viaggio». Dopo aver superato il confine avevano raggiunto Mérsin, dove sono stati ospitati in alcuni appartamenti affittati dai trafficanti.  «Sono venuti a prenderci in auto», ha raccontato. Durante il tragitto le portiere dell’auto erano state bloccate. «Siamo arrivati in un luogo che non saprei individuare. Abbiamo attraversato a piedi la zona rocciosa e poi ci hanno caricato su piccole barche. Ci hanno portato al largo da dove ci hanno fatto salire sulla Ezadeen. Avevano detto che c’era cibo in abbondanza e che sarebbe stato un viaggio tranquillo, ma dopo cinque giorni non c’era più nulla da mangiare». L’intera traversata è durata otto giorni, tempo spiegabile solo con il tentativo dell’equipaggio di seguire la scia di altri mercantili confondendosi, in caso di controlli o richieste di chiarimenti via radio, tra i bastimenti. Per tutta la giornata di ieri, fino a tarda sera, il sistema Ais continuava a non rilevare che qualche nave nelle acque di Mérsin. Un 'silenzio radar' che fa il gioco dei trafficanti di vite umane.
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