domenica 11 aprile 2021
A Napoli la cooperativa “Ambiente solidale” recupera vestiti dando lavoro legale
I mezzi pronti per il ritiro del materiale depositato nei caratteristici cassonetti gialli

I mezzi pronti per il ritiro del materiale depositato nei caratteristici cassonetti gialli - .

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Un milione e 700mila euro di fatturato, 40 dipendenti, soprattutto soggetti svantaggiati come ex detenuti e ex tossicodipendenti, 500 “campane” a Napoli e 100 in provincia per la raccolta di abiti usati, più di 2mila tonnellate all’anno, un impianto per la gestione di questo tipo di rifiuti, 20 automezzi, un negozio nel centro della città dove si vendono abiti recuperati di altissima qualità, e poi tantissime iniziative di solidarietà assieme alla Caritas diocesana, al Comune e altre associazioni.

È “Ambiente solidale”, cooperativa sociale di tipo B, nata nel 2006 grazie alla collaborazione di “Vesti solidale” di Milano, per dedicarsi al recupero e riciclo degli abiti usati e proprio in un territorio dove i rifiuti, compresi gli indumenti, sono preda del mercato illegale. Un’iniziativa di successo. Grazie a loro Napoli è sopra la media nazionale per raccolta di abiti, 2,4 chili all’anno, contro una media di 1,8. Prima era a zero. «Ci vuole cuore ma anche professionalità per sconfiggere i circuiti illegali – ci spiega il presidente, Antonio Capece – . La soddisfazione più grande è che alcuni che prima stavano nel sistema camorristico ci hanno chiesto di cambiare e qui hanno avuto l’opportunità per farlo. E sono contenti. Prima guadagnavano mille euro al giorno, oggi 1.300 al mese ma con un duro lavoro sono riusciti a tirare su famiglia, a mettere su casa e recuperare i figli. Noi recuperiamo risorse e loro diventano risorsa per la società».


Nata nel 2006, grazie anche al sostegno della milanese
“Vesti solidale”, oggi è una realtà con un fatturato
di 1 milione e 700mila euro e 40 dipendenti,
soprattutto persone svantaggiate, come ex-detenuti o extossicodipendenti


La storia della cooperativa inizia alla fine degli anni ’90, tra giovani dell’associazionismo cattolico. Prima il volontariato, poi nasce “Semi di pace”, cooperativa sociale che si occupa di minori, anziani, famiglie in difficoltà. Poi “Ambiente solidale”, «con l’ambizione di dare lavoro a persone in difficoltà, come vedevamo fare in altre parti d’Italia. “Perché non riuscire a farlo anche qui a Napoli?”». Scelgono di investire nella raccolta differenziata dei rifiuti. «Da spreco a risorsa, questa era la nostra idea».

Chiedono una collaborazione a “Vesti solidale” che diventa anche socio della cooperativa. Nel 2011 partecipano alla gara per la raccolta degli abiti usati indetta da Asia, la società del comune di Napoli. La città era stata divisa in tre lotti, la cooperativa ne vince due. «Asia non ci paga. Tutti i costi stanno in capo a noi. Dobbiamo essere bravi a valorizzare i rifiuti che raccogliamo. Per Asia è un guadagno perché quei rifiuti sarebbero finiti in discarica con un costo di 300mila euro all’anno. Inoltre destiniamo 3 centesimi ogni chilo che raccogliamo a un fondo di solidarietà che gestisce Asia per finanziare progetti sociali, come quello di Caritas per la povertà alimentare».

In tutta la Campania è l’unica cooperativa sociale che si occupa di questo settore, gli altri sono tutti soggetti profit. Non fa solo raccolta ma anche selezione in un grande capannone a San Giovanni a Teduccio, realizzato grazie a Fondazione con il Sud, partner della cooperativa come Fondazione Peppino Vismara. Una parte finisce in altre piattaforme autorizzate che a loro volta riusano e riciclano. «Ovviamente cerchiamo di non lavorare con soggetti a rischio criminalità. E per ora ci siamo sempre riusciti ». La cooperativa ha poi aperto il negozio “Share”, condividere, che fa parte di un circuito con altri 6 in Lombardia. Ci lavorano 4 persone. Il 10% del ricavo viene destiniamo a progetti di solidarietà. Certo non nascondono i problemi del settore.

«Danneggiamenti e furti li subiamo sempre. All’inizio abbiamo avuto anche dei sabotaggi, con la colla messa nei lucchetti. Alcune società volevano che noi vendessimo a loro, ma abbiamo detto di no, dopo esserci informati». Non è un caso che un loro slogan è “L’unica cosa che non ricicliamo sono i soldi”. «Noi speriamo che ci siano altre inchieste, che ci sia sempre più legalità anche per aprire il mercato a nuovi volenterosi, soprattutto cooperative sociali». “Ambiente solidale” fa anche raccolta di cartoni (sempre per Asia, 2.600 tonnellate all’anno, con un incremento del 30%), Raee e ingombranti. «Sappiamo di pressioni che ci sono state in occasione delle gare. Non tocca a noi indagare. Cerchiamo di “contaminare” il settore». Dove non mancano i “furbi”.

«Gli scarti dell’industria tessile hanno un costo, 180 euro a tonnellata per smaltirli. Alcune aziende scorrette li mettono nelle nostre “campane”. Loro risparmiano e per noi è un costo aggiuntivo». Col Covid «i primi mesi non abbiamo avuto cali, anzi un aumento, la gente stava a casa e puliva gli armadi. Poi dal primo lockdown c’è stato un calo generalizzato. Abbiamo avuto dei grossi problemi, soprattutto per il negozio». Ma non mollano. «In tutte le attività che mettiamo in campo c’è la tutela dell’ambiente, la creazione di lavoro, soprattutto per soggetti svantaggiati, e poi c’è la solidarietà». Così sono diventati anche il “braccio operativo” della Caritas per la distribuzione di generi alimentari a famiglie in difficoltà. © RIPRODUZIONE RISERVATA I mezzi pronti per il ritiro del materiale depositato nei caratteristici cassonetti gialli

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