mercoledì 11 marzo 2020
Due strategie di cura, determinanti gli antinfiammatori: parlano i medici di Pavia
«Così abbiamo salvato Mattia»
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La carta vincente, oltre all’uso degli antivirali di cui si è parlato molto nelle ultime settimane, è stata quella degli antinfiammatori. Che non hanno salvato la vita soltanto al “paziente uno” di Codogno, Mattia, il 38enne sportivo che ha lottato per la vita per due settimane e che lunedì è finalmente uscito dalla terapia intensiva, ricominciando a respirare da solo. «Per noi qui sono tutti pazienti uno. Stiamo cercando di fare il meglio per chi viene colpito dal Covid-19, curando tutti allo stesso modo – spiega il professor Raffaele Bruno, direttore dell’Unità di Malattie infettive dell’ospedale pavese –. In questi giorni utilizziamo il mix di antivirali e antinfiammatori per tutti i pazienti ricoverati al San Matteo di Pavia affetti da coronavirus». La “lezione” adesso vale per ogni ospedale, in Italia e nel mondo: «Abbiamo riscontrato una forte componente infiammatoria nella patologia e per questo abbiamo deciso di percorrere questa strada di cura. Abbiamo però davanti ancora molta strada da fare e ne siamo consapevoli: per questo motivo ci stiamo confrontando con tanti colleghi» continua Bruno.

Al San Matteo si è capito che la malattia ha due fasi: «Una iniziale che si presenta con una polmonite interstiziale con medio-basso fabbisogno di ossigeno e una fase secondaria rapidamente progressiva, in cui interviene una sindrome infiammatoria che fa peggiorare completamente la situazione». Il resto sono i giorni e le notti trascorsi in prima linea, sotto il peso dell’ondata che ha messo sotto stress il sistema sanitario regionale. «Abbiamo avuto anche giovani – continua lo specialista –. L’infezione colpisce tanta gente e statisticamente può capitare che anche loro sviluppino forme severe, sebbene il grosso sia rappresentato dagli over 70».

A Pavia si va avanti con la consapevolezza che ogni passo compiuto porta verso la meta, seppure non vi- cinissima: «Il lavoro intenso che stiamo svolgendo tutti insieme da settimane è una vera sinfonia, non un assolo, che porterà ad una definizione molto precisa del coronavirus, non solo per noi ma per tutti coloro che per combatterlo avranno bisogno delle informazioni che stiamo scoprendo – sottolinea il professor Fausto Baldanti, direttore dell’Unità di virologia –. Al San Matteo ogni unità, ogni reparto, ogni professionista è impegnato e l’organizzazione in questi giorni si è rivelata una carta davvero vincente. Stiamo analizzando i dati ottenuti e stiamo determinando con chiarezza situazioni che prima erano oscure e che ora riusciamo a comprendere. Certo, ci sono ancora dettagli che ci sfuggono, come per esempio il motivo per cui il virus colpisce maggiormente le persone adulte». I tempi di osservazione della malattia da parte dei medici sono «ancora brevi, ci muoviamo con una terapia empirica ragionata e basata sui pochi dati disponibili» continuano gli esperti del San Matteo. Che hanno però anche osservato, per esempio, che un inizio precoce dei trattamenti sembra dare un vantaggio. «È presto per trarre qualunque conclusione, più si andrà avanti e più informazioni avremo per modulare la riposta».

Alla buona notizia della ripresa del “paziente uno” di Codogno, nelle ultime ore, s’è affiancata anche quella sul calo drastico di contagi nella zona rossa di tutto il Basso Lodigiano, dove le misure di contenimento hanno dimostrato la loro concreta efficacia. Qualche numero: nei dieci comuni coinvolti (e che hanno ufficialmente terminato l’isolamento lo scorso fine settimana) i dati indicano un picco nella giornata 23 febbraio, quando si sono registrati poco meno di 80 casi. Nella settimana successiva, il numero di nuovi casi era sempre inferiore ai 60, e dall’inizio di marzo ha continuato a viaggiare intorno alle 40 unità, riducendosi, nell’ultima settimana intorno a una ventina.

A Castiglione D’Adda, per esempio, dal 5 marzo, si sono registrati soltanto 16 nuovi casi. A Casalpusterlengo, nello stesso periodo, 22 nuovi casi. «Di solito per calcolare i periodi di picco si usano modelli matematici, ma io non ho intenzione di fare previsioni da questo punto di vista – conclude il virologo Baldanti –. Di certo il numero dei contagiati potrebbe salire nelle prossime settimane semplicemente perché da qualche giorno stiamo cercando il coronavirus in maniera più precisa e stringente, proprio per definirne la distribuzione e per certi versi anche il comportamento; sappiamo anche che le misure di contenimento stabilite lo hanno rallentato e questa è indubbiamente una buona notizia».

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