giovedì 28 aprile 2016
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Attacco di una parte della politica alla magistratura, contrattacco da parte di alcuni magistrati, armistizio: a leggere le cronache e a seguire i notiziari dell’ultima settimana, non si può non restare un po’ disorientati, stanti la scarsa chiarezza della discussione, la ripetitività degli slogan, l’impiego di sostantivi ed aggettivi a effetto, nonché (nella rappresentazione mediatica, ma talvolta anche nello stesso linguaggio dei protagonisti) di metafore guerresche, per loro natura poco confacenti con lo stile delle relazioni tra i titolari di cariche istituzionali o paraistituzionali. Che i poteri dello Stato (e le persone che tempo per tempo ne assumono le relative funzioni) abbiano un dovere di leale collaborazione, è, prima ancora che un imperativo ricavabile da questa o quella norma costituzionale, la conseguenza del basilare principio di sovranità popolare: le forme e i limiti con i quali il popolo esercita la sovranità debbono consentire ai titolari della medesima, cioè ai cittadini (come singoli e come associati), di non perdere il controllo sull’esercizio del potere, affinché questo si svolga in condizioni di legalità e legittimità. Ecco perché non è solo questione di garbo o di bon ton: le dichiarazioni e le controdichiarazioni, quelle che da anni i francesi chiamano le petites phrases e di cui i tweet sono oggi una delle manifestazioni più evidenti, normalmente appaiono, anche contro o indipendentemente dalla volontà di chi le emette, più riaffermazioni 'polemiche' della propria posizione e del proprio ruolo che gesti di buona volontà. Contro la corruzione, antica piaga italica, serve invece la più larga concordia tra gli appartenenti ai diversi poteri costituzionali, nonché il più attento controllo esercitato dalla parte sana dei cittadini. Nelle prese di posizione di questi giorni, una tra le più convincenti è quella di un grande magistrato, da poco in pensione, Marcello Maddalena, il quale ha osservato che la corruzione, proprio perché reato difficile da portare alla luce, richiede di muoversi decisamente e coerentemente nella direzione di «aumentare le possibilità che corruttori e corrotti vengano scoperti, in modo che le loro condotte diventino poco convenienti». Vengono utili in proposito alcuni moniti di Francesco (il Papa va tenuto presente anche e soprattutto quando è scomodo...): per esempio, i suoi richiami per cui «ci vuole una grazia speciale per cambiare il cuore di un corrotto, perché un corrotto non si rende conto di esserlo», o ancora il più forte «il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso d’aiuto, con la sua doppia vita dà scandalo». Credo vadano dritti al cuore di ciascuno. © RIPRODUZIONE RISERVATA pane e giustizia
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