martedì 17 luglio 2012
I produttori di mozzarella di bufala: basta con i roghi. Dopo la netta presa di posizione di Confindustria, si ribella anche il mondo agricolo, prima vittima degli sversamenti e degli incendi. TUTTE LE PUNTATE E IL DIRETTORE RISPONDE
IL FOTOREPORTAGE di Mauro Pagnano
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​Costituzione di parte civile contro chi appicca i roghi dei rifiuti. Lo deciderà oggi il Consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana Dop. Mentre Coldiretti Caserta invita gli agricoltori a denunciare inquinatori ed ecomafiosi. Il mondo agricolo, prima vittima degli incendiari, soprattutto in termini di immagine, con conseguente calo delle vendite, ma anche per i potenziali danni alle colture, si attiva dopo le inchieste di Avvenire. Ma, come spiega il direttore del Consorzio, Antonio Lucisano, «ci auguriamo anche che le istituzioni, al di là delle chiacchiere, possano davvero intervenire sul problema dello smaltimento dei rifiuti ma anche sui controlli: non riesco a capire – aggiunge – come mai la gente veda gli incendi e le istituzioni no...».Repressione necessaria, dunque, ma, avverte Tommaso De Simone, presidente di Coldiretti e della Camera di commercio di Caserta, «ognuno deve svolgere un ruolo e il coltivatore che si trova in campagna e vede scaricare rifiuti o bruciarli, deve denunciare. L’unica arma vera dell’agricoltore contro questi fenomeni è la denuncia. Va a vantaggio suo e dei suoi figli. Perché questo fenomeno rischia di mettere in ginocchio la nostra economia e la nostra vita. E poi ci siamo accorti che quando le denunce arrivano gli scarichi e i roghi si fermano».Dopo la netta presa di posizione di Confindustria (Avvenire del 14 luglio) ora scende il campo il colosso Consorzio mozzarella di bufala: 111 caseifici aderenti in tre regioni, 36 milioni di chilogrammi prodotti (il 60% nell’area casertana) con un fatturato di più di 300 milioni di euro. Ma, da alcuni mesi, anche molto attento sulle tematiche della legalità. «Abbiamo approvato all’unanimità – spiega Lucisano – un Codice etico che prevede il certificato antimafia per continuare a essere soci del Consorzio. Ma anche vincoli sia nella filiera di produzione che col mercato, perché sia assolutamente libero da condizionamenti». Ora la chiara scelta contro gli incendiari. «Prenderemo la decisione di costituirci parte civile perché è evidente un danno potenziale e attuale – annuncia il direttore –. Di immagine soprattutto, anche se non possiamo escludere danni concreti. Per questo non possiamo che essere parte diligente. Anche se, almeno per ora, non vediamo un calo di vendite». Una scelta netta contro un responsabile che ha nome e cognome. «Per colpa di questo maledetto cancro della camorra – accusa Lucisano – è a rischio un prodotto di alta qualità, tra i più conosciuti e apprezzati al mondo». Per questo, aggiunge riferendosi agli articoli di Avvenire, «la vostra interlocuzione è importante e urgente».Riflessioni che fa anche il presidente di Coldiretti Caserta. «Non ho una stima precisa del danno causato dai roghi in maniera diretta o indiretta al settore agricolo. Ma sicuramente crea nell’opinione pubblica una grande diffidenza sul prodotto casertano. Che pure ha molte eccellenze tra i prodotti tipici. E associare i roghi a questi prodotti è drammatico. Invece è ben noto il danno della criminalità organizzata sull’economia della provincia di Caserta, che vale tra il 20 e il 30% del suo Pil». Dunque, insiste, «ancora non percepiamo danni materiali ai prodotti agricoli, anche perché non sono immediati, ma grandi difficoltà a collocare il prodotti, questo sì. Oltretutto il fenomeno della "terra dei fuochi" si ripercuote anche nel resto della provincia dove i roghi non ci sono. Quando il consumatore legge "prodotto a Caserta" ha difficoltà a comprare. Le nostre pesche, ad esempio, si vendono alla metà di quelle emiliane».Così sono partite alcune iniziative. «La prima – sottolinea De Simone – contro il fenomeno, un tempo molto diffuso, della bruciatura della plastica delle serre e dei contenitori di polistirolo delle piantine. Ora è molto ridotto. Abbiamo imposto l’obbligo, ma anche l’opportunità, per il recupero del materiale. Ci sono imprese di smaltitori in regola che vanno nelle aziende agricole a ritirare le plastiche. Non ci sono più alibi. Oltretutto il riciclaggio di questo materiale è un affare per chi lo fa in maniera seria, mentre bruciarlo significa anche perdere questa opportunità». Inoltre la Camera di commercio (100mila imprese iscritte) ha promosso un camper che gira tra i comuni della provincia, in particolare quelli più a rischio, per raccogliere segnalazioni e denunce. «Garantiamo anche l’anonimato. Poi sarà il presidente a riferire alle autorità giudiziarie. Se qualcuno avrà paura faremo noi da amplificatori. O accompagneremo quelli che ci vorranno mettere la faccia».Una scelta netta. «Non si può immaginare – conclude De Simone – in un ordine mondiale che cambia, che si continuino a tollerare vicende del genere. Vogliamo continuare a lavorare con gli imprenditori sani di questo territorio, che sono tanti. E che non possono soggiacere a quei pochi che continuano a determinare queste schifezze: basta!».
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