sabato 15 marzo 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Se mai v’è stato, l’idillio tra governo Renzi e la Cgil è durato solo un pomeriggio, quello del­l’annuncio degli sgravi Irpef per i lavoratori di­pendenti. Da ieri si è tornati allo scontro. La confe­derazione di Corso d’Italia, infatti, lancia un’accusa pe­sante: le ultime decisioni sui contratti a termine fan­no aumentare la precarietà. E perciò «quel decreto va abolito». La scelta di modificare – appunto con un decreto leg­ge – le norme sui contatti a termine di fatto liberaliz­zandoli al massimo, fa discutere. E divide lo stesso sin­dacato. Per la Cisl, infatti, tuttosommato si tratta di u­na decisione positiva che porterà maggiore flessibilità e dunque più occasioni d’impiego. «I contratti a termine, anche dopo le modifiche annunciate dal gover­no Renzi, offrono molte più garan­zie di altre forme contrattuali assai più precarizzanti – spiega infatti il segretario generale Raffaele Bo­nanni –. I nodi sono altri. Il proble­ma è quello di rendere impratica­bile il ricorso alle false partite Iva, ai contratti a progetto, alle associa­zioni in partecipazione, che in realtà nascondono la­voro dipendente mascherato e che non offrono alcu­na tutela ai lavoratori. Su questo il governo dovrebbe impegnarsi maggiormente e intervenire in maniera secca con un provvedimento sanzionatorio». Perples­sità sulle nuove regole per i contratti a termine, però, le avanzano anche osservatori tecnici, come per alcu­ni versi il giuslavorista Michele Tiraboschi e per altri l’e­conomista Tito Boeri, che però sottolineano entram­bi i rischi di abusi da parte delle aziende, a danno in particolare dei giovani, 'condannati' a passare da un contratto breve o brevissimo all’altro. L’esatto contra­rio di ciò che il governo si prefiggeva di fare con il con­tratto di inserimento, agendo piuttosto sull’articolo 18. Ma lo scontro che si preannuncia al calor bianco è ap­punto con la Cgil. La leader Susanna Camusso lo dice esplicitamente: «Siamo disposti a discutere di un con­tratto unico. Prima però bisogna abolire il decreto» sui contratti a termine senza causale per tre anni. «Si è fat­to esattamente l’opposto di quello che lo stesso pre­mier dichiarava – ha poi spiegato alla trasmissione Ma­trix –. Si è creata un’altra forma di precarietà» anziché cancellare quelle già esistenti. «Una forma per cui puoi una persona può essere assunta e licenziata per tre an­ni senza alcuna ragione e senza alcuna causa. Siamo preoccupati e contrari. Siamo all’opposto di quell’idea di riduzione della precaria e dell’incertezza dei lavo­ratori che sarebbe necessaria». Già in mattinata, dalla confederazione era partita una serie di messaggi ne­gativi sulla riforma del lavoro, una volta tanto condivisi pure dal lea­der Fiom Maurizio Landini. Ma quel che più ha colpito è stato un affondo personale rivolto da Su­sanna Camusso direttamente al neo-ministro Giuliano Poletti, in­tervistato ieri proprio da Avvenire. Un attacco che sa di sfiducia: «Po­letti ha subito una metamorfosi troppo rapida rispetto a quando e­ra a capo della Lega delle cooperative e sosteneva ben altro», ha detto il segretario generale Cgil. «Fatico a ri­conoscere la dimensione di chi diceva che bisognava investire sul lavoratore per formarlo: perché, quindi, cacciarlo via con l’idea che l’unico strumento che si u­tilizza è quello del contratto a termine?», ha concluso la Camusso. Per ora il ministro del Lavoro Poletti non ha replicato (se non con la nota che riportiamo qui sotto), mentre si è sentito telefonicamente con il presidente della Con­findustria, Giorgio Squinzi, sul testo del decreto. C’è da credere che lo scontro non finisca qui.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: