lunedì 15 luglio 2019
Il premier attacca il vice leghista: sulla manovra i tempi li decide Palazzo Chigi. E scoppia la polemica pure sulla presenza al Viminale dell'ex sottosegretario Siri per illustrare il piano Flat tax
Conte a Salvini dopo l'incontro coi sindacati: «È scorrettezza istituzionale»
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Nuova polemica rovente dentro il governo. Legata in parte al caso dei presunti fondi russi alla Lega, ma originata dall'iniziativa inusuale di Matteo Salvini, il vicepremier e ministro dell'Interno leghista, di ricevere questa mattina al Viminale ben 43 sigle, fra parti sociali e organizzazioni professionali. E arroventata dalla presenza a questo tavolo, o meglio dal ritorno di Armando Siri, l'ex sottosegretario del Carroccio alle Infrastrutture costretto alle dimissioni dopo una lunga battaglia per il suo coinvolgimento in un'inchiesta per corruzione. Una presenza imbarazzante, che viene subito sottolineata dal Pd, ma anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che esce appositamente da Palazzo Chigi per incontrare la stampa fuori da Palazzo Chigi negli stessi minuti in cui anche Salvini parla coi cronisti. «Se si tratta di un incontro di partito, ci sta bene la presenza di Siri. Se è un vertice di ggoverno, non ci sta bene la presenza di Siri», sono le parole del presidente del Consiglio. Una posizione che ricalca quanto fatto trapelare da fonti del Movimento 5 stelle, secondo cui la presenza di Siri alla riunione «dimostra che è un incontro politico, non di governo».

Nella riunione al Viminale è stato proprio Siri a illustrare la proposta leghista di Flat tax (di cui è ritenuto l'ideatore), che sarebbe quella di un'aliquota unica al 15% per i redditi "familiari" fino a 55mila euro, con un'unica deduzione variabile che assorbirebbe le attuali detrazioni. Mentre il sottosegretario all'Economia, Massimo Bitonci, ha illustrato la "fase 2" della pace fiscale, per chiudere i contenziosi delle imprese con un intervento di natura forfettaria. Salvini ha premesso di «non volersi sostituire» al premier, pur ripetendo che la Lega gradirebbe un anticipo della manovra a settembre. Ma che che la riunione convocata da Salvini non sia a nome del governo lo esplicita comunque ancora Conte, affermando con toni forti che «se qualcuno pensa che non solo si raccolgono istanze da parte delle parti sociali, ma anticipa temi, dettagli di quella che ritiene dovrebbe essere la manovra economica, questo non è corretto affatto, si entra sul terreno di scorrettezze istituzionali. La manovra economica viene fatta qui dal presidente del Consiglio con il ministro dell’Economia, con tutti gli altri ministri interessati. Non si fa altrove, non si fa oggi e i tempi non li decidono altri». Non solo: anche sulla Flat tax Palazzo Chigi passa all'attacco, facendo trapelare che da oltre due settimane il capo del governo sta sollecitando la Lega a dare i nomi dei delegati che dovrebbero rappresentarla ai tavoli sulla manovra, ma il Carroccio non ha ancora indicato i suoi delegati. Infine, sullo sfondo restano sempre le tensioni legate al "caso Moscopoli". «Perchè no?», così Conte ha risposto alla domanda se ritenga che il vicepremier Salvini debba riferire alle Camere sulla vicenda dei presunti rubli alla Lega. «Noi crediamo nella trasparenza - ha aggiunto -, nei confronti dei cittadini in ogni sede, in tutte le occasioni, in primis in Parlamento, le sedi giuste per onorare questa linea guida». Parole non gradite da Salvini, il quale continua a sostenere la "non necessità" invece di un chiarimento in Parlamento su un'inchiesta basata, a suo dire, solo su «fantasie». Il premier, tuttavia, ha spiegato che da parte di Salvini gli è stato assicurato di non ritenere una "pugnalata" alle spalle la nota di precisazione con cui nel fine settimana la presidenza del Consiglio ha reso noto che l'invito a Gianluca Savoini, il presidente dell'associazione "Lombardia Russia", per la cena a Villa Madama con il presidente russo Putin del 4 luglio scorso è stato chiesto direttamente dallo staff di Salvini al ministero dell'Interno.



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