giovedì 16 gennaio 2020
Il quesito referendario era stato proposto da otto Consigli regionali tutti guidati dal Centrodestra. Il governo: avanti con proporzionale e soglia di sbarramento.
La sede della Consulta in una foto d'archivio

La sede della Consulta in una foto d'archivio - Ansa

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La Corte costituzionale ha bocciato il referendum sulla legge elettorale, sostenuto dalla Lega per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il sistema in un maggioritario puro.

La Corte costituzionale lo ha dichiarato inammissibile perché "eccessivamente manipolativo". Il quesito referendario era stato proposto da otto consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Liguria), tutti guidati dal centro-destra.

La Corte ha anche dichiarato inammissibile il conflitto fra poteri proposto da cinque degli otto Consigli regionali che avevano promosso il referendum. La ragione è che la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum.

Per comprendere appieno il perché della decisione occorre aspettare il deposito della sentenza, che avverrà entro il 10 febbraio.

Il comunicato della Corte Costituzionale

Questo il comunicato della Corte costituzionale che ha giudicato inammissibile il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il sistema in un maggioritario puro.

"La Corte costituzionale - si legge nella nota dell'Ufficio stampa - si è riunita oggi in camera di consiglio per discutere la richiesta di ammissibilità del referendum elettorale 'Abolizione del metodo proporzionale nell'attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblicà, presentata da otto Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria). Oggetto della richiesta referendaria erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera con l'obiettivo di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Per garantire l'autoapplicatività della normativa di risulta - richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale - il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari".

Preliminarmente, "la Corte ha esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha giudicato inammissibile perché, fra l'altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum".

Le reazioni

Tra i primi commenti quello del promotore politico numero uno, ovvero il leader della Lega Matteo Salvini: "È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica". Salvini infatti puntava molto sulla possibilità di arrivare al voto con una legge maggioritaria che, secondo le sue analisi, lo avrebbe visto avvantaggiato.

Il professor Giovanni Guzzetta, avvocato delle Regioni che hanno proposto il referendum sulla legge, invece è più prudente e osserva: "Tutte queste ore in camera di consiglio dimostrano che la questione era veramente complessa e controversa. Aspettiamo di vedere le motivazioni per capire se in futuro ci sarà ancora spazio per i referendum elettorali".


Per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, "la bocciatura del referendum per il maggioritario era prevedibile sia per l'aspetto politico non gradito alla sinistra e quindi sgradito alla maggioranza della Consulta, sia per la natura tecnica del quesito a nostro avviso corretto ma obiettivamente al limite del consentito. Ottima l'intenzione ma quasi inevitabile l'esito tecnico-politico". Insomma una bacchettata alla Lega, che, da quanto si intuisce, per Fdi si sarebbe mossa non proprio nel modo migliore. Comunque, aggiunge Meloni, "il Centrodestra deve rilanciare subito con una proposta unitaria che dica no al tentativo dei rossi-gialli di farci tornare col proporzionale agli anni della Prima Repubblica". Perciò "occorre una legge con ampia quota maggioritaria che assegni alla coalizione vincente la certezza di poter governare. Il modello potrebbe essere il Mattarellum."

"Dopo la bocciatura del referendum sul maggioritario all'inglese - dichiara Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia -, il centrodestra deve proporre al più presto una proposta unitaria in grado di tutelare il principio della rappresentanza, ma anche di garantire la governabilità che è il presupposto basilare per garantire il funzionamento della democrazia. Il ritorno al passato che la maggioranza vorrebbe imporre non può essere la soluzione, che va invece ricercata in un sistema misto maggioritario-proporzionaleche incoraggi la formazione di coalizioni politicamente omogenee, senza obbligare il popolo a firmare una delega in bianco ai partiti".

Il governo invece trova nella decisione della consulta un'ulteriore motivazione per procedere sulla strada intraprese, come spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà: "Dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, noi continuiamo ad andare avanti per superare il Rosatellum e dare al Paese una legge elettorale proporzionale con soglia alta che garantisca un sistema politico più coeso, Camere più rappresentative e governi più stabili".

Stessa convinzione anche nel Pd. "Il castello di sabbia costruito da Salvini sulla legge elettorale, è venuto giù con la sentenza della Consulta. Ora la maggioranza vada spedita verso l'approvazione della proposta depositata alla Camera". Lo affermano il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci ed il capogruppo dem in commissione Affari Costituzionali Dario Parrini.

Pure il M5s si dice convinto che la strada giusta sia quella del proporzionale: "Seguiamo la strada del proporzionale affinché tutti i cittadini italiani siano effettivamente rappresentati in Parlamento", commenta il capo politico dei 5 stelle Luigi Di Maio

"Esprimo soddisfazione" per la pronuncia della Consulta che ha bocciato il referendum sulla legge elettorale chiesto dalla Lega "anche perché siamo stati l'unico gruppo parlamentare che si è costituito ad opponendum alla proposta della Lega. Aspettiamo le motivazioni ma era evidente la non immediata applicabilità della eventuale modifica risultante dal referendum "e quindi la scelta è quella corretta", afferma Federico Fornaro, capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera.

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