martedì 17 gennaio 2023
Al puzzle che ha portato al blitz mancano ancora diversi tasselli, rispetto ai quali la ricostruzione data dagli inquirenti in conferenza stampa non ha almeno per ora fornito elementi di chiarezza
Il covo, l'identità falsa, le cure: i misteri della cattura di Messina Denaro
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Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro e dopo l’arresto del suo presunto autista-fiancheggiatore Giovanni Luppino, al puzzle che ha portato al blitz mancano ancora diversi tasselli, rispetto ai quali la ricostruzione data dagli inquirenti in conferenza stampa non ha almeno per ora fornito elementi di chiarezza, opponendo il riserbo «per esigenze investigative».

Esaminiamone alcuni.

Il covo. Da dove si muoveva, Messina Denaro, per andare alla clinica? Dove risiedeva? In un’abitazione privata di proprietari compiacenti, in un albergo, in una casa acquistata e intestata a prestanome? «Su questo elemento non sono state fornite informazioni in conferenza», replica cortese ma ferma, alla domande di Avvenire, una qualificata fonte investigativa, senza smentire ma nemmeno confermare le ipotesi sulla possibilità che sia stato individuato l’ultimo covo/residenza del boss. Tutte le ricostruzioni e gli elementi sono al vaglio dei Carabinieri del Ros, comandati dal generale Pasquale Angelosanto e coordinati dalla procura palermitana. Se venisse trovato, l’eventuale covo potrebbe rivelare una miniera di documenti, cartacei o sotto forma di files, preziosi per ricostruire l’attività della cosca di Messina Denaro e i suoi rapporti con l’imprenditoria e con la “borghesia mafiosa” siciliana. Sempre che il covo non fosse frequentato da altri uomini del boss che, saputo dell’arresto, non abbiano provveduto a distruggere o a mettere in sicurezza quei documenti.

Identità falsa. Addosso a Messina Denaro è stato trovata una carta d’identità (ma con la foto “modificata”) intestata al geometra Andrea Bonafede, 59 anni, residente a Campobello di Mazara e nipote del vecchio boss locale, Leonardo, morto a 88 anni. L’uomo, interrogato ieri dai carabinieri, non avrebbe risposto alle domande. Interpellati da Avvenire, gli investigatori non precisano se addosso a Messina Denaro e al suo autista Giovanni Luppino siano stati trovati altri documenti o telefoni cellulari. Se così è stato, è presumibile che il silenzio investigativo serva a tutelare la riservatezza di accertamenti tecnici che vengono compiuti in queste ore.«Nessuna arma». E l’auto? Analogo silenzio sul sequestro o meno di una vettura con cui i due sarebbero arrivati alla clinica: «Non si può dire nulla». Una risposta invece arriva rispetto all’eventuale presenza di armi addosso ai due arrestati: «Non erano armati».

L’iter sanitario. I carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al percorso medico di Messina Denaro/Bonafede, indicato come un paziente di 177 cm per 68 kg. Dapprima operato all’ospedale Ajello di Marsala per tumore al colon, poi è stato in cura nella clinica palermitana per metastasi al fegato. E lì stava effettuando un ciclo di chemioterapia settimanale: «La faceva con me ogni lunedì, eravamo nella stessa stanza, sembrava una persona gentile, elegante, si faceva chiamare Andrea», raccontano diversi pazienti. S’indaga per capire se il medico curante del presunto Bonafede possa aver avuto sentore della sua reale identità. E se altri operatori sanitari possano averlo “coperto”.

La “profezia” di Baiardo. Nel novembre 2022, il gelataio siculo-piemontese Salvatore Baiardo, in passato fiancheggiatore dei fratelli Graviano, intervistato da Massimo Giletti su La7, ha formulato una sorta di vaticinio, asserendo che la trattativa Stato-mafia «non è mai finita», ipotizzando un interesse dei boss all’alleggerimento dell’ergastolo ostativo e profetizzando che, in un paio di mesi, «con il nuovo governo sarebbe potuto arrivare un regalino? Magari. Presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso?». Affermazioni che il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido liquida come «una coincidenza, è stata una indagine pura, fatta con le intercettazioni». Ma l’ispettore di Polizia in pensione Luciano Traina, fratello di Claudio (agente della scorta di Borsellino, deceduto in via d’Amelio) è scettico: «Un caso? Io ritengo, ma è una mia opinione personale, che Messina Denaro, ormai gravemente malato e capendo di non avere più scampo, si sia fatto arrestare -asserisce Traina -. E non vorrei si ripeta lo stesso copione sulla mancata perquisizione del suo covo. Vedremo cosa accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Però, non raccontiamoci barzellette».© riproduzione riservata

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