giovedì 20 settembre 2012
Per la ricerca il 60% degli under 30 abita con i genitori e il 42% degli italiani sceglie di vivere nelle zone vicine. Studio Censis-Coldiretti fotografa il crescente bisogno di relazioni in tempo di recessione e la solidità dei territori. E in fabbriche ed uffici tornano alla "schiscetta" otto milioni di lavoratori.
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LE ESPERIENZE
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​In casa fino a 30 anni oppure avvolti in una rete famigliare che contrasta con la solidarietà le ansie del futuro e la crescente solitudine. Forse non è nemmeno una novità che in Italia il 60% degli under 30 viva ancora con i genitori, come ribadisce una ricerca curata da Censis e Coldiretti su «Crisi: vivere insieme, vivere meglio». Non hanno alternative. La novità è invece l’aumento delle persone che vivono sole, che in Italia sono 7,4 milioni e sono aumentate del 24% tra il 2006 e il 2011, con aumento del 54% in particolare in Sardegna, del 45% in Abruzzo e del 42% in Umbria. E cercano una comunità, desiderio che si mischia al bisogno di sostegno. Così la recessione ha accentuato una delle peculiarità italiche, quella di porre la famiglia di origine al centro delle relazioni affettive e sociali. Secondo lo studio, un italiano maggiorenne su tre abita con almeno un genitore e il 42% - quando esce di casa - sceglie di non allontanarsi e vive a meno di mezz’ora a piedi dalla loro abitazione. Un’esigenza di vicinanza e di sicurezza che non si affievolisce con l’età, anzi. Riguarda anche i 30-45enni (un quarto dei quali coabita con papà e mamma mentre il 43% vive nei dintorni), i 45-64enni (uno su dieci è rimasto in famiglia e il 57% abita in prossimità), addirittura gli over 65 (un terzo coabita, un altro terzo vive nei paraggi). Nella fascia di mezzo tutto ciò significa non solo contare sull’aiuto dei genitori, ma anche più facilità nell’assistenza quando invecchiano. Più della metà, infine, ha scelto di vivere nei dintorni dei parenti stretti e il 64% agli amici. Una fotografia di territori segnati da reti a maglie strette che, da un lato, risponde ai crescenti bisogni di tutela e dall’altro spiega la tenuta sociale degli ultimi quattro anni.Voglia di compagnia che influenza anche la spesa alimentare. L’85% dei cittadini continua ad esempio a fare acquisti quotidiani sotto casa nei piccoli e meno economici negozi di quartiere, preferendoli ai non luoghi del consumo, gli spersonalizzanti ipermercati. «Un fenomeno di riduzione significativa dei negozi tradizionali – afferma il presidente Coldiretti Sergio Marini – determina evidenti effetti negativi legati alla riduzione dei servizi di prossimità, ma anche un indebolimento del sistema relazionale, dell’intelaiatura sociale e spesso della stessa sicurezza sociale dei centri urbani».La crisi, dice infine l’indagine, ha cambiato le abitudini di acquisto del cibo. Quasi un italiano su quattro, 15 milioni di persone, dichiara di far ricerche sul web per confrontare prezzi e qualità. E sul luogo di lavoro si è consolidata la tendenza a portarsi il pranzo preparato a casa magari con gli avanzi della sera prima. Sono quasi otto milioni i lavoratori che in pausa non vanno al bar e ricorrono a gavette o "schiscette" per risparmiare ed essere sicuri della qualità e del pranzo. Il tempo della crisi, infine, sta ridisegnando la mappa geografica. Oltre un italiano su due, secondo il rapporto, preferirebbe vivere in luoghi dove le persone si conoscono e si aiutano e pensa che vivere in comunità significhi una migliore qualità della vita; il 28% vive già in un luogo simile e la percentuale sale al 47 nei piccoli Comuni. Nelle campagne - conclude Coldiretti - si registra una migliore qualità della vita grazie a una maggiore sicurezza sociale, alla buona alimentazione, a un ambiente più sano e alla semplicità nel costruire rapporti personali più duraturi. Chissà che questa voglia di comunità e di stabilità non inverta la tendenza allo spopolamento delle aree rurali che rischia di privare il Belpaese di un tesoro nascosto.
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