sabato 16 marzo 2019
Soddisfatto Luigi Di Maio. È un documento, ha spiegato il vice premier pentastellato, che «permetterà alle nostre imprese di esportare più made in Italy»
Favorevoli alla firma del memorandum sulla Via della seta. Il premier Conte, a destra, e il vicepremier Di Maio (Ansa)

Favorevoli alla firma del memorandum sulla Via della seta. Il premier Conte, a destra, e il vicepremier Di Maio (Ansa)

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Il memorandum di intesa con la Cina si farà. «Sarebbe stato un pò eccentrico non partecipare a questo importante progetto infrastrutturale che richiama la via della Seta di cui l’Italia è l’approdo naturale», dice Giuseppe Conte. «Una grande opportunità per riequilibrare la bilancia commerciale con la Cina e potenziare il nostro export, non ci impegniamo a nulla con questo accordo quadro, se non ad un’intesa programmatica che poi sarà di volta in volta arricchita dalla sottoscrizione di singoli accordi che andranno valutati uno per uno», aggiunge il premier a smussare frizioni che nascono più all’interno della maggioranza che fuori.

L’intesa con la Cina sarà siglata in occasione della visita del presidente Xi Jinping, la prossima settimana. Il via libera nel corso di un vertice governativo tenutosi in mattinata a Palazzo Chigi. Nessuna vera obiezione nel merito, da parte della Lega, ma il tema diventa una nuova grana nei rapporti fra alleati per una questione «di metodo» posta da Matteo Salvini per aver messo, Di Maio, il memorandum sul tavolo solo a cose fatte, trascurando il coinvolgimento di Regioni saldamente guidate dalla Lega, a cominciare dal Friuli Venezia Giulia.

Nel merito le obiezioni sono state respinte col richiamo al «rispetto delle regole europee», scandito dallo stesso Conte. Il memorandum «è un accordo quadro non vincolante, non è un accordo internazionale e non si mette a repentaglio nessun asset strategico», ha spiegato Conte. «Alla Ue non devo dire niente, non essendo l’Italia tra i 13 paesi che hanno già sottoscritto questo memorandum». Di più: «È l’unico Paese che ha preteso e imposto, rispetto alla versione originaria elaborata dalla parte cinese, un richiamo ai principi e alle regole europee», ha tenuto a chiarire il presidente del Consiglio.

Soddisfatto Luigi Di Maio. È un memorandum, ha spiegato il vice premier pentastellato, che «permetterà alle nostre imprese di esportare più made in Italy nel mondo e anche in Cina. È una buona occasione per le nostre aziende. Ho letto che gli Usa sono preoccupati – ha aggiunto – ma non hanno ragione di preoccuparsi perché restano il nostro principale alleato. Ho apprezzato a suo tempo Trump quando ha detto "America first" e adesso io dico "Italia first"».

Ma più che con l’Europa e con gli Stati Uniti, una volta chiarito che la parte digitale non entra nell’accordo, le perplessità della Lega restano legate alla permanenza in mano italiana degli asset strategici. È fondamentale aiutare le aziende italiane a crescere ed esportare all’estero, fanno notare quelli della Lega, e la sicurezza nazionale - fa notare - viene prima di tutto per noi e per gli alleati (telecomunicazioni, energia, porti e infrastrutture). Per cui «stiamo facendo tutte le verifiche e le valutazioni necessarie: prima viene la sicurezza degli italiani, poi l’interesse economico». Ed ecco allora il premier tornare sul tema, in serata, attraverso Facebook: «Gli asset strategici dell’Italia non saranno interessati dal memorandum», sente il dovere di precisare .«Anzi nostro obiettivo è rafforzare la Golden Power per dare maggior peso e forza agli interessi nazionali», assicura.

Il Pd non interviene, in palese allineamento con il ruolo di garanzia e continuità svolto dal Quirinale nel passaggio del dossier dal governo Gentiloni, in carica al tempo della visita di Mattarella in Cina. Ed è Forza Italia ad alimentare le polemiche più virulente. «Siamo preoccupati per quello che dichiara la Cina: non mirano solo a una supremazia economica, ma anche a un’egemonia politica. Non si può firmare nulla che non sia condiviso dall’Europa, dagli Usa e dall’Occidente. Si rischia di rimanere isolati», dice Silvio Berlusconi dalla Basilicata. «Ed è scandaloso - avverte Giorgia Meloni per FdI - che il governo non riferisca in Parlamento».

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