sabato 19 febbraio 2022
La scorsa notte l’inquietante intrusione. Dopo aver aperto un varco nella recinzione, i “visitatori” sembrano essersi fermati
Il varco aperto nella recinzione

Il varco aperto nella recinzione

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Preoccupante intrusione nel laboratorio della cooperativa Pietra di scarto di Cerignola, realizzato in un bene confiscato alla mafia. La scorsa notte qualcuno ha provato ad entrare nel recinto del Laboratorio intitolato a Francesco Marcone, il direttore dell’Ufficio del registro ucciso a Foggia nel 1995.

La cooperativa, nata nel 1996 come “gesto concreto” del progetto Policoro della Cei per l’imprenditoria giovanile al Sud, dà lavoro a immigrati, detenuti, donne vittime di sfruttamento, le “pietre di scarto”. Una bellissima iniziativa, realizzata in collaborazione con la Caritas di Cerignola e grazie al sostegno di Fondazione con il Sud.

Poche settimane fa erano stati festeggiati i 25 anni della cooperativa, con la presenza del vescovo, monsignor Luigi Renna, oggi arcivescovo di Catania, del procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro e del presidente di Libera, don Luigi Ciotti.

Dopo l’articolo di Avvenire, la storia della Pietra di scarto, era poi stata raccontata dal Tg3, da Tv2000 e dal Corriere della Sera. La scorsa notte l’inquietante intrusione. Dopo aver aperto un varco nella recinzione, i “visitatori” sembrano essersi fermati. Forse hanno visto le videocamere (sono stati comunque inquadrati) o forse sono stati disturbati dal passaggio di qualcuno. O forse dovevano solo mandare un “messaggio”. Certo la coincidenza con le storie uscite su giornali e tv è evidente.

Ma i soci della cooperativa non arretrano di un passo. “Sappiamo di essere esposti a questo tipo di episodi e lo abbiamo messo sempre in conto, al di là della natura degli stessi. Quanto accaduto ovviamente non sposta nulla rispetto alla nostra visione e ai nostri obiettivi: noi continuiamo a sognare gli altri come ancora non sono”. E per questo lanciano un messaggio positivo ai “visitatori”. “Se individuati, potranno trovare qui una seconda opportunità di vita”.

Porte aperte anche per loro. Così come per altri che da “pietra di scarto” sono ora convinti lavoratori. Non solo parole. Proprio in questi giorni è partita la coltivazione di cime di rapa nel terreno di “Casa Bakhita”, il centro di accoglienza realizzato dalla diocesi nel ghetto di Borgo Tre Titoli. Grazie alla collaborazione tra cooperativa e Caritas, ci lavorano immigrati sfruttati e emarginati, finalmente in regola. Nuovi prodotti, dopo i pomodori e le olive, da confezionare nel laboratorio Francesco Morcone. La migliore risposta a chi voleva intimidirli.

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