venerdì 11 maggio 2018
Governo, Cottarelli in pole. «Ma se esterno sarà legato al contratto». Squadra di venti ministri. Di Maio e Salvini sono pronti a entrare
Cercasi premier entro domenica. Un nome terzo per superare l'impasse
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Le «poltrone» non sono nelle disponibilità del tavolo tecnicopolitico che sta scrivendo il contratto M5s-Lega. Affollano invece il dialogo faccia a faccia e via chat tra Di Maio e Salvini. I due leader si incontrano di mattina e danno il via al tavolo negoziale, ma il filo tra di loro non si spezza mai. E una prima pista emerge nitida e netta in serata: «Per il presidente del Consiglio – annuncia ufficialmente il braccio destro del capo 5s, Vincenzo Spadafora – è molto probabile un nome terzo».

Un’indicazione che arriva al termine di una giornata in cui si sono rincorse più voci, da quella fantasiosa di una staffetta a Palazzo Chigi tra Di Maio e Salvini ad altre più politiche, come quelle che riguardano il luogotenente del segretario leghista, Giancarlo Giorgetti. L’accordo, invece, è che il premier lo faccia un «alto profilo», un tecnico insomma che però «sia in grado di realizzare il programma». I nomi sono gli stessi da settimane. Due su tutti: l’ex commissario alla spending reviewCarlo Cottarelli e l’ex ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, gradito tuttavia soprattutto al Movimento.

Se ci sono altri profili, per il momento sono tenuti ben coperti. Così come non ci si sbilancia sull’idea di recuperare il nome che aveva ingaggiato Mattarella, la segretaria della Farnesina Elisabetta Belloni. Il ruolo che però rivestiranno i due leader resta un tema centrale.

Potrebbero restare fuori dal governo, ma non sarebbe un buon segno per la durata. Si ipotizzano due dicasteri di peso (gli Interni per Salvini e gli Esteri per Di Maio). Ma alla fine la via più solida è quella che li vede entrambi vicepremier, di modo che il premier 'terzo' muova le sue pedine dentro una ferrea cornice politica. Sarà «un governo snello, una ventina di nomi, 13 più 6 o 7 senza portafoglio », si porta avanti Spadafora. E anche sul timing l’ex Garante dell’infanzia sembra avere le idee chiare: «Il giuramento potrebbe esserci verso la fine della prossima settimana».

Non proprio tempi brevissimi, a essere sinceri. E nemmeno chiari. Perché se l’idea è che il premier giuri il 17-18 maggio, allora si andrebbe a cozzare in parte con le attese del presidente della Repubblica, che invece vorrebbe sapere il nome individuato come premier già domenica. Se invece Spadafora si riferisce al giuramento dell’intera squadra dei ministri, allora i tempi coincidono. Il nome del premier porta con sé messaggi chiari.

Per il Colle. Ma anche per Forza Italia, cui la risicata maggioranza 5s-Lega al Senato non può rinunciare in modo brutale. «Sul voto di fiducia valuteremo in base al presidente del Consiglio», fanno sapere i berlusconiani. Il profilo quindi deve interpretare sia l’esigenza della stabilità dei conti e di un europeismo sia le necessità del cambiamento interpretate dalle due forze politiche che lo sosterranno. Quanto ai ministri, invece, si annuncia un mix tecnici-politici. Giorgetti può essere il candidato per il Tesoro o anche un sottosegretario a Palazzo Chigi insieme a Spadafora. Alcuni degli economisti che hanno accompagnato Di Maio e Salvini in campagna elettorale (Roventini, Fioramonti, Borghi, Bagnai) per i dicasteri che spendono. Politici di peso come Bonafede e Molteni in altre caselle chiave, come Giustizia e Rapporti con il Parlamento. Alcuni rumors parlano di una richiesta di Fi di incassare alcuni tecnici d’area, ma da M5s arriva una replica sdegnata: «Non abbiamo ricevuto richieste da loro e non ne accogliamo. Se qualcuno lo insinua passiamo alle querele». La sensazione è che M5s ci creda un filo più della Lega. I pentastellati trasmettono sorrisi e positività.

Il Carroccio resta abbottonato, lo stesso Salvini ci tiene a tenere alte le sue bandiere programmatiche e la foto con la ruspa non promette strade in discese. La nota congiunta Di Maio - Salvini del mattino parla di «significativi passi avanti sulla composizione dell’esecutivo e del premier». Tuttavia la sensazione è che i nodi veri ancora non siano stati affrontati e che si aspetti domani per una vera e decisiva full immersion tra i due leader. Anche per coinvolgere un futuro premier che porti al Colle un programma e una squadra cui ha contribuito.

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