lunedì 12 agosto 2013
​L’Enel vuole scavare a Rocca Susella e il Piemonte ha già dato l’ok. Ora si attende anche l’autorizzazione del Pirellone. Il consorzio vini: colpo mortale per il territorio.
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Il terroir e la bolletta energetica, l’affinamento in barrique e il boom dello shale gas, la concorrenza della Franciacorta e il gasdotto azero... Nei borghi dell’Oltrepo pavese non si parla d’altro, da quando i geologi di Enel Longanesi Development hanno chiesto di scavare tra i filari del Pinot Nero. Sotto i castelli e le pievi, dove nasce il prelibato salame di Varzi, ma soprattutto nel cuore della vitivinicoltura italiana, la società di ricerche minerarie dell’Enel è pronta a investire milioni di euro per sfruttare un giacimento di gas naturale delle cui potenzialità, ufficialmente, nessuno sa nulla. L’istanza di permesso per la ricerca di idrocarburi è stata presentata nel dicembre del 2011 e ha già ricevuto una serie di via libera, tra cui quello della Regione Piemonte, che condivide con la Lombardia questo progetto, che sfiora i settecento chilometri quadrati e una sessantina di comuni. Rocca Susella è un paesino di duecento anime, a cinquecento metri d’altezza, dove le vigne si dividono la terra con il bosco e il grano coi prati; un incipit d’Appennino dal panorama mozzafiato, al quale si accede solo attraverso strade vicinali; provinciali sulla carta, ma se incroci un trattore in due non passate. Da quassù, guardando verso Nord, si intravede la pianura in cui si schiantò l’aereo di Enrico Mattei ma è tutto ciò che collega l’antico castrum al sogno dell’oro nero made in Italy. Un dossier che da qualche mese è stato riaperto, riattizzando vecchie polemiche. Nella realtà ci si lavora da qualche anno, anche se ufficialmente la corsa all’oro nero è ripartita solo quando il governo Monti ha annunciato con la Strategia energetica nazionale che l’Italia denunclearizzata, per farsi passare la sbornia dell’eolico e del fotovoltaico e pur continuando a giurare fedeltà alle energie rinnovabili tanto care all’Europa, aveva deciso di raddoppiare la propria produzione di idrocarburi entro il 2020. La normativa nazionale, che il governo tecnico avrebbe voluto semplificare modificando la Costituzione, prevede un iter complesso: un permesso di ricerca come quello di Rocca Susella deve passare quattro livelli d’intesa fra Ministero e Regione, con relativa valutazione d’impatto ambientale, e un tempo minimo di 8 mesi per ciascun livello d’esame. Nonostante questo, basta la presentazione dell’istanza al Ministero dell’ambiente per dar fuoco alle polveri: appena partita la procedura di valutazione d’impatto ambientale per una nuova piattaforma al largo delle coste pesaresi, il Consiglio regionale delle Marche ha approvato una legge contro; Eni ed Edison hanno chiesto di scavare nel Canale di Sicilia e il Wwf è insorto in difesa di delfini e balenottere... Secondo i geologi, Adriatico, Canale di Sicilia e Pianura Padana occidentale sono un autentico Eldorado per un Paese che dipende dall’estero per il 90% dei propri consumi energetici e, pur conservando delle discrete riserve nel sottosuolo, all’arrivo dell’inverno deve sperare che i rapporti tra Mosca e Kiev non si guastino. Tuttavia, non basta questo spauracchio e non bastano neanche le ricadute economiche dei nuovi pozzi ad evitare che ogni istanza sia accolta da un fuoco di polemiche. Enel Longanesi Development è da tempo nel mirino dei comitati novaresi che vogliono fermare un analogo progetto alla Cascina Graziosa per quanto l’Ovest Ticino abbia una consuetudine antica con il petrolio e in questi anni i Comuni della zona abbiano incassato milioni di euro con le royalties. Adesso, nell’Oltrepo pavese, rischia di scontrarsi con il fior fiore del made in Italy. «Da quando ha chiuso la Necchi – spiega il presidente del consorzio di tutela vini, Paolo Massone – il vino e i prodotti tipici sono diventati l’ossatura economica dell’Oltrepo e l’arrivo delle trivelle in mezzo ai vigneti sarebbe un colpo mortale in una fase di forti investimenti per valorizzare il prodotto». Da qualche anno, queste colline non sono più, come avveniva negli anni del miracolo economico, la "vineria dei milanesi": il consorzio (2800 aziende dislocate in 42 comuni) vanta numerose doc e docg, tra le quali la recente Cruasé, il rosé a base di Pinot Nero. Il culto dell’eccellenza non è solo un’etichetta: il progetto minerario si scontra con tutta l’industria del "tipico" e gli operatori turistici di Salice e Rivanazzano, che legano le proprie fortune alle ricchezze termali. Enel Longanesi Development esclude che le ricerche minerarie possano creare problemi al sottosuolo – la sismicità della zona è debole, secondo l’Ingv – e gli scavi non andranno oltre i 4.000 metri. «Siamo ancora in una fase di progetto – spiegano i tecnici di Enel Longanesi Development – e prima di arrivare alla coltivazione del giacimento passeranno diversi anni, circa 10. Come sempre verrà attivato un dialogo costante con tutti i soggetti interessati che consentirà di trovare soluzioni partecipate e condivise a tutte le fasi del progetto senza escludere la possibilità di correzioni o modifiche in corso d’opera». Qualcuno, come Carlo Alberto Panont, direttore del centro di ricerca sul vino di Riccagioia (che si trova a Torrazza Coste, uno dei comuni interessati dal progetto), ipotizza spazi di compromesso sulla geotermia: «Non siamo affetti da sindrome Nimby, vogliamo soltanto evitare che processi non governati dissipino le ricchezze del territorio», dice. Ma al momento, spiega Massone, «l’Oltrepo non ha avuto neanche la minima informazione su cosa si vuol fare e perché e finché durerà questo silenzio è legittimo preoccuparsi». L’assessore lombardo all’ambiente Claudia Maria Terzi ci mette una pezza precisando che «sulle istanze di ricerca di idrocarburi c’è la massima attenzione, soprattutto in presenza di un quadro normativo nazionale poco chiaro. In ogni caso, è indispensabile evitare allarmismi: ogni istanza è oggetto di un esame rigoroso e soprattutto viene valutata in stretto raccordo con le criticità segnalate dal territorio».
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