giovedì 7 aprile 2016
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È atterrata ieri sera a Roma e già questa mattina, la delegazione egiziana (composta da due magistrati e quattro poliziotti) incontrerà gli investigatori italiani, guidati dal procuratore capo della Capitale, Giuseppe Pignatone, per far il punto sulle indagini relative alla morte al Cairo del ricercatore italiano Giulio Regeni. Con sé, la delegazione egiziana ha portato un dossier di duemila pagine che include, confermano fonti cairiote, un esame su 200 persone, di diverse nazionalità, che avrebbero avuto rapporti con il giovane ucciso dopo atroci torture. Gli inquirenti italiani, che già la scorsa settimana hanno inviato una serie di documenti agli omologhi nordafricani, attendono in particolare i dati delle celle telefoniche e i video delle telecamere di sorveglianza di metropolitane e negozi della zona dove viveva il ricercatore friulano. «Abbiamo scelto di far lavorare insieme i magistrati di Italia ed Egitto e siamo impegnati a che su Regeni non sia una verità di comodo ma la verità – ha detto ieri a Napoli, il presidente del Consiglio Matteo Renzi –. Aspettiamo che i magistrati facciano i loro incontri, noi siamo pronti a seguire quel lavoro con grandissima determinazione. Nessun tentativo di svicolare rispetto alla verità sarà accolto da nessuna parte». Intanto, ad ingarbugliare ancora di più la vicenda, un anonimo ha inviato, al quotidiano la Repubblica, una nuova ricostruzione dei fatti, soffermandosi su particolari delle torture subite dal giovane finora non rese note dagli inquirenti. Nei documenti recapitati al giornale romano, la fonte anonima scrive che «l’ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della polizia criminale e del dipartimento investigativo di Giza ». L’uomo è già stato condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza. Sembrerebbe lui - che nell’immediatezza del ritrovamento del cadavere di Regeni aveva da subito accreditato prima la tesi dell’incidente stradale e poi quella del delitto a sfondo omosessuale - la “vittima” che il governo egiziano è intenzionato a sacrificare sull’altare dei rapporti commerciali con l’Italia. Infine, nuova luce sulla situazione dei diritti umani in Egitto è stata fatta ieri da un dossier dell’Arci, realizzato sulla base di documenti delle associazioni indipendenti egiziane. In particolare, si fa riferimento al giro di vite imposto alle organizzazioni non governative. Nel mirino del regime del Cairo ce ne sarebbero almeno 37. Quelle, si legge nel rapporto, «più credibili e indipendenti dell’Egitto e le sole voci critiche rimaste verso le politiche economiche, ambientali e dei diritti umani del governo». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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